2 minuti per la lettura
AVELLINO- C’è anche un dipendente delle Poste «infedele» irpino, il quarantacinquenne A.A, tra gli indagati dell’ìnchiesta Procura di Napoli che ha portato nella mattinata di ieri a quarantacinque arresti su tutto il territorio nazionale. L’irpino coinvolto nel blitz dei Carabinieri di Genova era parte di uno dei cinque gruppi che agiva nell’ambito di una delle tre organizzazioni sgominate dall’inchiesta coordinata dall’Aggiunto Rosa Volpe. Ai dipendenti delle Poste coinvolti viene contestato che tramite indebiti accessi agli archivi informatici dell’Ente, fornivano i nominativi di persone molto anziane o emigrate da tempo all’estero che risultavano titolari di buoni fruttiferi in lunga giacenza o emittenti vaglia postali d’ingente valore. I buoni e i vaglia venivano successivamente clonati ed incassati con l’aiuto degli stessi impiegati da sodali o soggetti compiacenti, sostituitisi ai legittimi titolari-beneficiari utilizzando documenti falsi.
Il quarantacinquenne sarà interrogato mercoledì dal Gip che ha emesso la misura cautelare , il Gip del Tribunale di Napoli Anna Imparato. Il secondo sodalizio criminale, con base direttiva e logistica anch’esso a Napoli e ramificazioni in Friuli Venezia Giulia, si avvaleva di cinque gruppi operativi per commettere la stessa tipologia di truffe, ma utilizzando una diversa modalità esecutiva, seppur con l’utilizzo di assegni circolari falsi, emessi da istituti bancari realmente esistenti. L’organizzazione, infatti, sfruttava quel lasso di tempo per riprodurre, a mezzo propri falsari e stamperia, l’assegno ricevuto in fotografia, incassandolo senza incorrere in alcun problema di “bene emissione” considerata la correttezza dei dati in esso riportati, corrispondenti a quelli del titolo originale contraffatto.
Tra gli altri reati contestati: falsità in titoli di credito e possesso di documenti di identificazione falsi, sostituzione di persona, intercettazione/impedimento illecito delle comunicazioni telefoniche, irregolarità nella ricezione e stoccaggio finalizzata alla sottrazione dell’accertamento o al pagamento dell’accisa sugli oli minerali, riciclaggio ed autoriciclaggio. La prima associazione per delinquere, con base direttiva e logistica a Napoli e con ramificazioni in Lombardia e Friuli Venezia Giulia, agiva nelle compravendite on-line di autovetture di pregio utilizzando quattro batterie operative. In particolare, dopo contatti telefonici, ai truffatori ne subentravano altri che sotto false identità concludevano di persona le trattative consegnando agli inserzionisti assegni circolari falsi emessi da un inesistente ufficio postale creato allo scopo dall’organizzazione, che ne faceva comparire, tramite finte pagine web, i riferimenti sui principali motori di ricerca. Con altro modus operandi, i soci si proponevano anche come sedicenti venditori di veicoli; infatti, utilizzando immagini del mezzo e dei documenti di circolazione ottenute via “whatsapp”, nel corso delle trattative avviate come acquirenti duplicavano sui siti specializzati l’originale inserzione di vendita sostituendosi al vero proprietario ed indicando un prezzo d’acquisto decisamente conveniente.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA