L'ex Ilva di Taranto
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Con una sistematicità quasi mensile ho denunciato il triste passaggio dalla farsa, alla tragedia e poi all’indifferenza delle istituzioni (Governo, Regione, Provincia e Comune di Taranto) sul centro siderurgico di Taranto. E sempre con una sistematicità mensile ho avuto modo di riscontrare comunicati a volte rassicuranti, in cui venivano fissate date per la firma del 20° o 21° o 22° accordo tra le parti) e a volte tragici, in cui si precisava che la soglia di 10.000 occupati sarebbe stata raggiunta solo nel 2025 o nel 2026 e che per ora il livello massimo non poteva superare le 4.500 unità.
GLI ANNUNCI DI BERNABÈ
Ma sempre in queste davvero kafkiane altalene si è parlato anche di produzione di acciaio, prima fissando un valore a regime di 11 milioni di tonnellate (non abbiamo mai capito cosa si intendesse per “a regime”), poi sulla base di ulteriori affinamenti abbiamo appreso di quantità oscillanti tre 5 milioni e mezzo e 6 milioni.
Ebbene, nella famiglia delle buone notizie annoveriamo le dichiarazioni del presidente di Acciaierie d’Italia, Franco Bernabè, fatte pochi giorni fa in occasione di un incontro con la delegazione di imprenditori tarantini. Bernabè ha precisato: «Acciaierie d’Italia sta investendo in ricerca e sviluppo affinché Taranto diventi il polo della decarbonizzazione e dell’industria verde; la città, però, dovrà cambiare la sua narrazione. Le acciaierie hanno dimostrato una resilienza straordinaria, pur dopo le annose vicende del sequestro degli impianti, del commissariamento e delle alterne circostanze che hanno contrassegnato l’ingresso di Arcelor Mittal. Un percorso lastricato di difficoltà e di discontinuità, di variabili esogene ed endogene che hanno costretto la società a tenere in piedi lo stabilimento in un contesto di restrizioni che hanno colpito inevitabilmente tutto lo stabilimento compreso il sistema delle forniture, tuttavia oggi Taranto è la città dove le best practice di produzione risultano essere più avanzate rispetto a tutte le altre città siderurgiche del mondo. Mi sono impegnato fortemente per lavorare con il sistema bancario e quindi ripristinare condizioni di normalità. In parte siamo riusciti a fare dei passi avanti con l’operazione di 1,5 miliardi siglata con Morgan Stanley, ora stiamo trattando un’altra operazione importante, quindi pensiamo che nel giro di qualche mese la situazione finanziaria si dovrebbe normalizzare. Questo avrà positivi riflessi un po’ su tutto».
Il presidente ha poi ribadito: «Il piano industriale dovrà trovare una sua stabilità di azionariato e i suoi punti di finanziamento, ma che è sicuramente un piano dove le idee sulle cose da fare sono ben precise e che presenta delle tempistiche definite e molto articolate. La prospettiva è quella della decarbonizzazione, che significa far fronte alle trasformazioni epocali in atto, legate particolarmente al riscaldamento globale e all’aumento della CO2 in atmosfera. Oggi abbiamo la necessità di avviare una grande innovazione nei processi, nei prodotti. Una rivoluzione che riguarda ovviamente anche l’acciaio».
SCETTICISMO COMPRENSIBILE
Ho riportato integralmente questo intervento perché queste rassicuranti dichiarazioni sembrerebbero annullare o ridimensionare la “indifferenza” su Taranto, un’indifferenza da me denunciata proprio in uno dei miei ultimi interventi: addirittura siamo anche in presenza di iniziative finanziarie utili per il rilancio dell’impianto e sono rimasto colpito da questa frase del presidente Bernabè: «Il piano industriale dovrà trovare una sua stabilità di azionariato e i suoi punti di finanziamento, ma che è sicuramente un Piano dove le idee sulle cose da fare sono ben precise e che presenta delle tempistiche definite e molto articolate».
Questa frase tipica, direi “classica”, non credo però possa essere accettata da chi è da 5 anni in cassa integrazione, da chi vede, giorno dopo giorno, sempre più ferma la crescita delle attività produttive, da chi, come il mondo dell’indotto, ha capito che si è spenta per sempre un’attività imprenditoriale.
DECISIVO IL FATTORE TEMPO
Presidente Bernabè sono passati cinque anni, Lei è a Taranto da appena un anno e quindi non posso accusarla di nulla, ma forse sarebbe bene evitare di prospettare articolazioni societarie, articolazioni finanziarie e piani che, come Lei stesso ha ribadito più volte, dipendono dal governo, dipendono cioè da chi nel 2017, nel 2018, nel 2019 e nel 2020 ha praticamente deciso di trasferire al “futuro” la soluzione dell’“emergenza Taranto”; più volte l’ho definita non emergenza ma “bomba sociale Taranto”.
Lo so, Lei dirà: stiamo lottando per evitare la chiusura di un centro siderurgico essenziale per il Paese, Lei dirà che da parte dell’attuale management si sta facendo di tutto per riuscirci. Le dico però che il fattore tempo, in questi processi di vera reinvenzione industriale, è determinante e le altalene ricorrenti tra notizie positive e negative amplificano solo quello che da tempo ho denunciato, e cioè la completa “indifferenza”, e l’indifferenza è un male incurabile perché diventa irreversibile.
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