La villa confiscata al boss Nicola Arena e in abbandono
4 minuti per la letturaISOLA CAPO RIZZUTO (CROTONE) – Eolo abita a Punta Cannone, uno dei più suggestivi tratti del vasto litorale di Isola Capo Rizzuto, e continua a soffiare forte, ma gli infissi non sbattono più da tempo sulle pareti di quella villetta che s’affaccia su un mare scoglioso e tempestoso e un tempo lontano fu del boss Nicola Arena, uno dei più potenti della ‘ndrangheta.
Hai voglia a soffiare, Eolo, il vento non può più sbattere porte e finestre portate via dai ladri, mentre le vetrate di enormi affacciate sono in frantumi chissà da quando sul pavimento e perfino le saracinesche sono state smontate, insieme a cancello, portoncino blindato e cassette elettriche. Val bene una scarpinata raggiungere quel mare incontaminato a pochi passi da lì, ma per arrivarci bisogna passare tra cumuli di rifiuti abbandonati – ci sono pure i cuscinetti di un divano – e gli scheletri della villetta, a più riprese finita nel mirino di vandali a ladri. Scheletri di un progetto mai decollato che avrebbe dovuto portare alla realizzazione di una “colonia climatica”.
Ovvero una struttura per le vacanze al mare di bimbi con disabilità, in aderenza all’obiettivo dell’inclusione sociale e del contrasto all’illegalità fissato nella misura Pon Fesr Calabria, con cui sono stanziati al Comune 450mila euro. Ma in quella villetta a due piani nessuno osa più mettere piede per riutilizzarla a fini sociali nonostante i soldi pubblici già sperperati. Nessuno osa metterci piede, se non l’intrepido team dei Disobb3dienti dell’istituto nautico Ciliberto di Crotone, che, nell’ambito del laboratorio di monitoraggio civico coordinato dalla professoressa Rossella Frandina, quest’anno hanno deciso di vigilare sull’andamento della gestione dei beni confiscati alla ‘ndrangheta.
L’ennesima storia di ritardi e inadempienze, con sullo sfondo l’ombra di pressioni dei clan, film già visto a queste latitudini, quando al centro della scena ci sono, appunto, beni confiscati alla ‘ndrangheta. Il copione che si ripete inizia con la confisca definitiva del bene, il cui valore allora era stimato in 200 milioni di ex lire, risalente al lontano 14 ottobre ’97, data di una sentenza della Corte di Cassazione all’epoca in cui i provvedimenti si scrivevano a mano, anche se non è cambiato molto da allora. Insieme a quella villetta erano stati sottratti al boss anche un immobile a tre piani per un valore di un miliardo e 57 milioni di lire nella località Parco Inziti, un immobile a tre piani nella località Le Cannelle, un fondo rustico del valore di un miliardo e 130 milioni, terreni nelle località Bordogna, Cardinale, Cepa, San Giovanni, Vermica, un appartamento a Cropani Marina, un altro immobile a Sellia Marina e altri due a Isola.
Dal febbraio ’70 assunto come guardiano presso i villaggi Valtur con la paga di un milione di ex lire al mese, Arena non poteva, in base agli accertamenti patrimoniali condotti dalla Dda di Catanzaro, disporre di tutti quei beni, ritenuti frutto di proventi illeciti. Tanto più che era stato condannato a 14 anni di reclusione – la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro, del 27 febbraio ’97, con cui veniva rideterminata la pena di 15 anni inflitta al boss dal Tribunale penale di Crotone, era divenuta irrevocabile il 14 ottobre dello stesso anno, data della contestuale acquisizione definitiva dei beni al patrimonio dello Stato – poiché ritenuto a capo di un’associazione mafiosa dedita a estorsioni, comprese quelle imposte alla Valtur, e a qualsiasi attività illecita volta a rafforzare economicamente la cosca da lui capeggiata, con l’aggiudicazione e il pilotaggio di gare d’appalto.
Parliamo del capo carismatico di una delle cosche più potenti della ‘ndrangheta, che faceva (forse lo fa ancora) sentire il suo predominio su una vasta area che comprende territori a cavallo tra le province di Crotone e Catanzaro. Il 20 agosto 2001 l’Agenzia del demanio notifica i preavvisi di sgombero. Il 24 ottobre il Comune di Isola indica all’Agenzia le destinazioni dei beni confiscati. Un decreto del 29 marzo 2002 dell’Agenzia del demanio dispone il trasferimento al Comune per finalità sociali.
L’incarico di progettazione della colonia climatica viene affidato nel 2009 dalla Giunta guidata dall’ex sindaco Carolina Girasole all’ingegnere Tommaso Corda. Un anno dopo, la Giunta licenzia il progetto esecutivo finanziato dalla Regione per 450mila euro. L’intervento, ammesso al finanziamento nell’ambito del Por Sicurezza Calabria 2007-2013, sarà avviato dalla successiva Giunta guidata dall’ex sindaco Gianluca Bruno, ma, a lavori pressoché ultimati, l’immobile verrà vandalizzato, a più riprese. E la procedura per l’indizione di un bando per l’assegnazione sarà rinviata. L’inizio del progetto era previsto per il 31 dicembre 2012, la fine per il 15 giugno dello stesso anno. Il primo acconto, del 30 per cento, il Comune lo chiede nel 2011; gli ultimi pagamenti risalgono al 2016.
Il documento programmatico per il triennio 2019-21 dell’amministrazione comunale, oggi guidata dalla sindaca Maria Grazia Vittimberga, prevede ancora la realizzazione della colonia climatica in quella struttura al “foglio 31 particella 12”, ma il gergo formal-legale non dice che sono rimasti moncherini attorniati dal degrado. Intanto la villetta è ancora lì, a deteriorarsi tra cumuli di rifiuti abbandonati, esposta a tutte le intemperie.
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