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POTENZA – «Non mi spaventa cambiare, tra l’altro non siamo in un’epoca in cui puoi permetterti il lusso di rimanere legato e vincolato solo al tuo settore».
Alessandra Stranges ha solo 38 anni, ma ha già cambiato vita per ben tre volte. «E non escludo di poterlo fare ancora», ammette senza troppi problemi. Alessandra è un’anomalia per tanti aspetti: non solo perchè il cambiamento lo ha scelto come mestiere, ma anche perchè mentre in tanti preparano le valigie per andare via, lei proprio qui nel capoluogo ha trovato lavoro e ha creato la sua famiglia.
«Se uno non ha la paura di lanciarsi – spiega – non avrà mai grandi possibilità. E quando io parlo con i ragazzi ora noto proprio questo: l’incapacità di essere flessibile. Ti dicono: ma io sono ragioniere come posso fare una cosa completamente diversa? E invece no, quello che in questo momento ci vorrebbe è un diverso punto di vista».
E Alessandra quel diverso punto di vista lo ha applicato in ogni nuova cosa in cui si è imbattuta, sin da quando si è laureata a Cosenza, sua città natale.
«Mi sono laureata con il massimo dei voti in Farmacia – racconta – avevo passato l’ultimo anno di università all’estero, a Barcellona. Un’esperienza bellissima, di condivisione soprattutto. Perchè l’Università spagnola funziona così: si lavora insieme, si condividono progetti e proposte, ma poi l’idea è la tua e non c’è nessun docente che ci mette la firma. La mia tesi di laurea, infatti, è stata pubblicata su un’importante rivista scientifica internazionale. Tutto sembrava propendere per un dottorato di ricerca e una carriera universitaria».
Alessandra aveva già iniziato a lavorare in una farmacia a Cosenza. Quindi quello è il primo cambiamento: «In termini di preparazione sentivo di non essere così indietro rispetto ai miei colleghi europei. Questo in fondo è il nostro modello universitario: tanta teoria (e su quelli non siamo secondi a nessuno), anche se poca pratica».
Poi ci sono le borse di studio. Alessandra è brava, ne vince un paio. Ma una, proprio nel suo Paese, la delude a tal punto da farle capire che quella non è la strada giusta.
«Ho vinto il premio nazionale L’Orèal- Unesco for Women in Science. Un riconoscimento importante e prestigioso. Ma lì ho capito che non era quello il percorso che volevo fare». Inizia così la terza vita, quando Alessandra vince l’ennesima borsa di studio. Solo che stavolta la Farmacia, che è stato il suo lavoro e la sua passione, non c’entra davvero nulla. Almeno apparentemente.
«Ho vinto una borsa di studio per 20 posti su 600 candidati, una specializzazione post universitaria in “Knowledge Management” della durata di un anno. Il master offriva ai candidati la possibilità di acquisire conoscenze sulla nascente società dell’informazione, dando ai candidati le basi per poter affrontare la “gestione della conoscenza”. Un’esperienza che mi ha aperto la mente a un modo nuovo di concepire il mio futuro professionale. Non più quindi in una farmacia privata o in un laboratorio di ricerca, ma all’interno di un’azienda dove poter mettere a frutto quello che stavo apprendendo da zero in questo nuovo percorso formativo».
Non dare mai niente per scontato, non aver paura di lanciarsi e appassionarsi continuamente a nuove cose e nuove conoscenze. E’ così che Alessandra Stranges arriva alla Intema, un’azienda di alta specializzazione che ha sede a Tito scalo. Dopo 10 anni, dopo le difficoltà e le diffidenze iniziali, Alessandra è la responsabile dell’Unità di tecnologia applicata alla formazione, in quella che definisce «un’azienda giovane e dinamica, gestita da persone etiche».
«Quello che vorrei passasse soprattutto ai tanti ragazzi che incontro è che cambiare punto di vista, riconvertirsi e provare nuove strade è assolutamente necessario. Noi siamo stati abituati a un modello, che è quello dei nostri genitori, per il quale io venivo assunto in un’azienda e lasciavo quell’azienda solo quando andavo in pensione. Ora non è più possibile che sia così. Ed è un bene tutto sommato. Perchè io che vengo dal mondo della Farmacia – per fare un esempio – posso avere uno sguardo diverso ai problemi informatici. I primi tempi alla Intema gli ingegneri e i tecnici mi guardavano con diffidenza, che potevo capirne io che venivo da un altro mondo? Ma poi io ho dato il mio contributo. La rigidità non va bene di questi tempi e accontentarsi anche di posizioni mal pagate per paura di provare è una follia. Eppure tanti ragazzi ancora oggi vedono il cambiamento non come un’opportunità, ma come una diminutio. Il mondo del lavoro è di questo che ha davvero bisogno per ripartire: di persone flessibili, che non hanno paura di uscire da quella che gli specialisti chiamano la propria “comfort zone”, che sono convinte che non è un titolo quello che ci cristallizza i saperi perché essi sono mutevoli e soggetti all’obsolescenza con una rapidità mai sperimentata prima d’ora».
a.giacummo@luedi.it
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