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Mario Draghi

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L’orrore dei crimini russi non può rimanere impunito. I massacri contro i civili collocano Putin in un quadro di crudeltà insopportabile. Sul piano economico rischiano di aprirsi scenari che mettono in gioco interessi reciproci tra Italia e Russia altrettanto spaventosi. In caso di blocco, ci mancherebbero nella peggiore delle ipotesi 20 miliardi di metri cubi di gas e nella migliore 15 miliardi. Per cui si dovrebbe razionare  e chiudere fabbriche, i consumi crollerebbero.   Si va sotto subito almeno di   2/3 punti di Pil, altro che di qualche decimale, e ci ritroviamo dove eravamo prima della pandemia e, cioè, ultimi tra gli ultimi. Questo significa parlare di embargo alla Russia su gas e petrolio, almeno da parte nostra e tedesca. Nel breve termine, abbandonando l’Est, dovremmo rivolgerci a Sud come stiamo già facendo con tutte le difficoltà di avere dall’Africa quello che già avevamo dalla Russia e all’Ovest con la certezza di dovere pagare di più  gli americani per avere di meno e dovendoci onerosamente attrezzare per accogliere quel meno in arrivo. Quello che riteniamo patetico è l’affannarsi a dire che siamo in grado di farvi fronte. No, questo non è possibile nel breve termine e sarebbe un contributo pesantissimo alla tempesta perfetta italiana che, a quel punto, assumerebbe contorni davvero allarmanti

La tempesta perfetta italiana da scongiurare a tutti i costi è fatta di recessione tecnica nel primo semestre dell’anno, rischio chiusura del 30% delle imprese per non produrre in perdita a causa del caro energia anche se per un periodo limitato, un’inflazione al 6,7% che potrebbe eguagliare in pochi mesi quella olandese a doppia cifra, pulsioni folli a riscrivere il Piano nazionale di ripresa e di resilienza che significherebbe bloccare tutto.

Si è fatto bene a rinviare il Def di qualche giorno per monitorare i parametri reali di riferimento, ma bisogna mettere in atto subito tutte le misure possibili per attenuare gli impatti recessivi. Servono un calmiere europeo e italiano per il prezzo delle materie prime evitando la chiusura di produzioni italiane in presenza di ordini e, cosa ancora più importante, che l’inflazione spicchi il volo ancora più in alto portando tutto lo schema italiano pubblico e privato fuori controllo. Sul Piano nazionale di ripresa e di resilienza non si può rinunciare se non per pochissimi mesi al contributo previsto di investimenti pubblici e, quindi, bisogna aggiornare i prezzi alla velocità della luce e basta. Soprattutto, però, bisogna prendere atto che siamo davanti a una modifica strutturale del quadro che cambia i punti di riferimento della politica economica, della catena del valore della produzione globale, della politica monetaria europea e dei tassi dei titoli di stato italiani. Non sono bazzecole.

La guerra di Putin in Ucraina assume giorno dopo giorno le sembianze delle peggiori efferatezze criminali. Queste efferatezze su una popolazione inerme non possono rimanere impunite. Non basterà dire: pagherà il conto della storia. Le autorità russe devono porre fine a tutto ciò. Non possono essere più tollerate violenze contro i civili, questi orrori macchiano per sempre la coscienza di chi li compie. Purtroppo, tutto ciò sembra deporre a favore di uno scenario di guerra lunga che, invece, a maggior ragione, va oggi bloccato.

Sul piano dell’economia bisogna avere consapevolezza che lo scenario di tempesta perfetta fin qui descritto non prevede l’ipotesi della guerra lunga e, soprattutto, quello della chiusura del rubinetto del gas a italiani e tedeschi da parte di Putin. Non ci crediamo a questa ipotesi e riteniamo del tutto fuori luogo parolone tipo “ricatto sui rubli” quando è pacifico che si continuerà a pagare in euro e sarà poi la banca del gas russa a convertire in rubli questi versamenti. Ciò che è possibile, viceversa, è che sia l’Europa a prendere l’iniziativa, anche se su questo punto occorre piena consapevolezza dei fatti in gioco. Quello che riteniamo davvero patetico è l’affannarsi, da un lato, a dire che esiste questo rischio (che noi tendiamo a escludere per gli interessi reciproci in gioco) e, dall’altro, a dire che siamo in grado di farvi fronte. No, questo non è possibile nel breve termine e sarebbe un contributo pesantissimo alla tempesta perfetta italiana che, a quel punto, assumerebbe contorni davvero allarmanti.

Possiamo fare anche “i pazzi” in casa e fuori per strappare l’impossibile, ma ci mancherebbero sempre, nella peggiore delle ipotesi, 20 miliardi di metri cubi di gas e, nella migliore, 15 miliardi. Per cui non si potrebbe fare altro che razionare e chiudere fabbriche, i consumi crollerebbero. A questo punto si va sotto subito almeno del due/tre per cento del Prodotto interno lordo (Pil), altro che di qualche decimale, altro che recessione tecnica, anche perché il trascinamento del 2021 si consuma e ci ritroviamo dove eravamo prima della pandemia e, cioè, ultimi tra gli ultimi. Per questo è vietato anche parlare di embargo alla Russia su gas e petrolio almeno da parte nostra e tedesca. Soprattutto lo è quando si dice che “sì, succede qualcosa, ma ce la facciamo”. Basta raccontare balle!

Tutto questo, peraltro, avverrebbe dentro la nuova cortina di ferro economica perché le catene del valore globale possono essere parzialmente interrotte dividendo il mondo degli scambi con Cina, Russia, India da una parte e l’Occidente dall’altra. In questo scenario l’India riceve il petrolio dai russi a trenta dollari mentre noi ne paghiamo più di cento. Alla lunga noi, abbandonando l’Est, dovremmo rivolgersi a Sud con tutte le difficoltà di avere dall’Africa quello che già avevamo dalla Russia e all’Ovest con la certezza di dovere pagare di più gli americani per avere di meno e dovendoci onerosamente attrezzare per accogliere quel meno in arrivo.

Una regressione generale che porterebbe a una storia inedita di una specie di autarchia delle economie magari estesa su macroaree. Per cui la stessa Germania comincia a concepire di internalizzare la produzione delle componenti dell’auto e a far fuori l’automotive italiano. Tutti temi su cui questo governo è già intervenuto, un altro non lo avrebbe fatto non afferrandone l’urgenza. Ma ciò non toglie che il quadro che abbiamo davanti non è una passeggiata e senza un’Europa che cambia di nuovo totalmente registro, come ha fatto con il Next Generation Eu, i rischi che corre l’Italia sono altissimi. Così è se vi pare, direbbe Pirandello. Che vuol dire che è così anche se non vi pare.


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