3 minuti per la lettura
POTENZA – L’ex assessore Antonio Corbo e il capo dell’ufficio tecnico del Comune di Melfi Berardino D’Amelio avrebbero cercato di pilotare anche l’assegnazione dei lavori per la «manutenzione delle strade, degli edifici pubblici e della pubblica illuminazione». E tra i nomi delle ditte favorite c’è anche quello di una vecchia conoscenza degli agenti della mobile di Potenza, un tempo considerato il prestanome del boss Massimo Cassotta.
«Dall’esame della documentazione amministrativa acquisita -scrive il gip Tiziana petrocelli – si rilevava che le gare in appalto in questione tutte indette con la proceduta negoziata del cottimo fiduciario, avevano realmente visto la partecipazione delle ditte e delle imprese specificatamente concordate dall’assessore Antonio Corbo e dall’architetto Berardino D’Amelio».
Il gip riporta anche la trascrizione della registrazione effettuata dalle microspie nell’ufficio di D’Amelio, quando Corbo gli chiede il nome dell’impresa elettrica «vicina a Luigi Casella». Un nome che lascia contrariato l’architetto forse per le simpatie politiche diverse («no (…) gente che sta vicino a noi»). Tra questi ci sarebbe anche Michele Carota, da inserire «al posto di Mossucca».
«Si tratta come si ricorderà – annota a piè di pagina il gip – della cosiddetta “testa di legno” messa dal noto Massimo Cassotta alla presidenza della Cooperativa New Job».
Ma D’Amelio a questo punto non fa una piega, nonostante proprio Cassotta e Carota gli siano già costati un processo che si è concluso soltanto ad aprile dell’anno scorso con l’assoluzione in Appello, dopo una condanna a 10 mesi in primo grado per abuso d’ufficio.
D’Amelio, che all’epoca dei fatti era responsabile dell’area infrastrutture, mobilità ed ambiente era finito sotto accusa per una commessa da poche migliaia di euro, dopo che aveva indetto una gara “lampo” con procedura di pubblico incanto per l’affidamento del servizio di sfalcio delle erbe cimiteriali per un importo di otto mila euro iva compresa, approvandone contestualmente il relativo bando, nel quale veniva definito il termine per la presentazione delle offerte per il giorno 26 maggio del 2006.
A rispondere al bando sarebbe stata soltanto la cooperativa sociale “New job” di Melfi presieduta da Carota, ma di fatto capeggiata da Cassotta. Fatto sta che per una serie di carenze nella documentazione l’aggiudicazione vera e propria non sarebbe mai arrivata e il 13 ottobre D’Amelio avrebbe disposto l’affidamento diretto per sette mesi del servizio in favore della stessa ditta. Un affidamento “intuitu personae” che non era stato nemmeno richiesto dal boss, sorvegliato speciale di pubblica sicurezza e ancora sottoposto all’obbligo di soggiorno nel Comune di Melfi. O dalla sua “testa di legno”. Di qui le accuse e l’imputazione caduta soltanto in Appello l’anno scorso.
l.amato@luedi.it
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA