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ROMA – L’omicidio del muratore calabrese Roberto Provenzano ucciso a Perugia nella notte tra il 28 e il 29 maggio del 2005 è stato pianificato in poche telefonate, ascoltate dai carabinieri dei Ros, le cui intercettazioni hanno permesso di individuare autori e mandanti.
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In una conversazione tra Francesco Elia (uno dei capi del ramo calabrese di una organizzazione criminale) e Gregorio Procopio (finora l’unico imputato per l’omicidio, il cui giudizio pende presso la Corte di Cassazione) si sente: «lo dovete tummare? – si informa uno degli interlocutori – Lo ha detto Salvatore Papaianni? (altro capo del ramo calabrese, ndr)».
E l’altro risponde:”stasera me lo gioco a Robertino» riferendosi appunto al muratore calabrese, che aveva contratto dei debiti legati al narcotraffico e all’ l’organizzazione. In un’altra telefonata, due componenti del gruppo discutono dell’ordine impartito dal «capo di Cirò». «Domani mattina devo andare là», dice uno dei due uomini al telefono, presumibilmente Giuseppe Affatato, individuato dai carabinieri dei Ros come uno degli esecutori materiali del delitto Provenzano. Affatato si riferisce ad un viaggio da fare a Perugia dove, appunto, risiedeva Roberto Provenzano. «Tu non puoi rifiutare?» chiede l’altro interlocutore e, dall’altro capo del telefono, si sente Affatato rispondere «no, capisci che vuol dire un rifiuto? La morte istantanea».
Ancora più feroce un’altra intercettazione telefonica tra Salvatore Papaianni e Vincenzo Bartolo, entrambi a capo della branca calabrese dell’organizzazione. Il primo grida: «Ah compare, no, ammazza a chistu, va» e Bartolo incalza «compà, ammazza, ammazza a chistu».
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