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Arriva la stangata sul pane: il prezzo aumenterà dal primo aprile del 30 per cento. La decisione dopo l’incontro di giovedì scorso promosso dal Presidente Provinciale Confcommercio Campania Distretto di Avellino Oreste La Stella e dal Presidente provinciale dei panificatori Confcommercio Campania Distretto di Avellino Enrico Savelli, al quale hanno partecipato tra gli altri, contribuendo significativamente alla discussione, il Presidente regionale dei panificatori Confcommercio Campania Domenico Filosa ed il Presidente dei panificatori di Confcommercio Campania Distretto di Salerno, Nicola Guariglia, ed il responsabile beneventano della categoria Alessandro Morzillo.

Nell’ambito della riunione, i tanti panificatori presenti, considerati gli aumenti dei prezzi di farine, cereali, materie prime in generale, nonché dei costi delle utenze più che raddoppiati, hanno deliberato unanimamente di procedere a partire dal primo aprile, all’aumento percentuale medio del 30% per kg da applicare tanto al pane quanto agli altri derivati. Si chiarisce altresì che, tale aumento del prezzo potrà variare tra le diverse aziende in base ai singoli costi di gestione e in base ai singoli prodotti, e che va inteso quale massimale percentuale, continuando così a garantire le norme a tutela dei consumatori. L’aumento del prezzo del pane è l’effetto del raddoppio delle bollette di luce e gas e delle materie prime.

La farina è passata da 55 centesimi al quintale a 87. Inoltre molti mulini sono fermi perché non c’è materia prima: il grano viene dall’Est, dalla Russia e dall’Ucraina. Il prezzo del pane oggi in Irpinia si aggira intorno ai 2,70 euro e con un aumento del 30 per cento – cioè di 0,80 centesimi – potrebbe attestarsi a 3,50 euro. Anche Coldiretti sottolinea che il prezzo del grano tenero per il pane è balzato del 53% dopo un mese di guerra in Ucraina, ma ad aumentare del 30% è stata anche la soia e dell’11% il prezzo del mais. A pesare è la chiusura dei porti sul Mar Nero che impediscono le spedizioni e creano carenza sul mercato mondiale dove Russia e Ucraina insieme rappresentano il 28% degli scambi di grano e il 16% di quello di mais a livello mondiale secondo il centro Studi Divulga.

“Una situazione che – sottolinea la Coldiretti – nei paesi più sviluppati sta alimentando l’inflazione ma a rischio c’è la stabilità politica di quelli più poveri con i prezzi del grano che si collocano sugli stessi livelli raggiunti negli anni delle drammatiche rivolte del pane che hanno coinvolto molti Paesi a partire dal nord Africa come Tunisia, Algeria ed Egitto che è il maggior importatore mondiale di grano e dipende soprattutto da Russia e Ucraina”. Una emergenza mondiale che riguarda direttamente l’Italia che è un Paese deficitario ed importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame. Una emergenza destinata a durare poiché l’Ucraina ha annunciato che per effetto della guerra in primavera riuscirà a seminare meno della metà della superficie a cereali per un totale di 7 milioni rispetto ai 15 milioni previsti prima dell’invasione Russa.

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