L'attore Ernesto Orrico
3 minuti per la letturaCATANZARO – La narrazione degli episodi più significativi della vita di San Francesco di Paola è affidata a Ernesto Orrico in “Sulle acque sui rovi – Storia di San Francesco di Paola” di Vincenza Costantino. Orrico recita accanto a Paolo Napoli in un testo pensato per il teatro, letto a voce alta tra la gente e inframmezzato da interventi musicali e corali di voci popolari, per la durata di circa un’ora. Dopo il rinvio dello spettacolo previsto a Gennaio, Ama Calabria porta in scena l’opera al Teatro Comunale di Catanzaro nella serata di domani.
San Francesco di Paola è una figura estremamente attuale, ma quanto ne sa il pubblico?
«Tutti hanno sentito parlare di lui, qualcuno si ricorda un miracolo piuttosto che un altro, ma il pubblico è curioso. La storia viene recepita con interesse soprattutto tra le nuove generazioni, dove c’è un grado di conoscenza piuttosto basso. Quest’estate, in un contesto in cui il pubblico era molto variegato, con tanti under diciotto, è stato apprezzatissimo, perché non sapevano che avesse camminato tanto, che avesse costruito così tante chiese».
Gli episodi letti si concentrano sulla vita e sulle azioni del Santo calabrese?
«San Francesco non è solo un santo, ma è un uomo che si è fatto carico dei poveri con azioni concrete, contrattando con i signori del tempo. È importante raccontare l’impegno politico e sociale e mi piace riportare alla luce qualcosa di non diffuso, anche per aumentare il grado di conoscenza rispetto a quelle che sono le nostre storie e tradizioni».
Non è la prima volta che si impegna a raccontare la storia della Calabria.
«No infatti, negli anni ho raccontato del brigantaggio, della ‘ndrangheta, dei migranti calabresi, ho cercato qualcosa del passato che abbia una ricaduta nell’oggi. Penso che una figura storica e religiosa può essere un riferimento a cui ispirarsi per operare nel presente».
Con l’estate in vista ha nuovi spettacoli in cantiere?
«Ho approfittato del lockdown per scrivere due testi nuovi, ma non ho elementi concreti. Sono ripartiti i laboratori di teatro per ragazzi a Rende e l’attività formativa è gran parte del nostro lavoro. In aprile a Cosenza prevedo delle performances su un nuovo progetto, sempre tra musica e teatro. Lo scorso anno ho fatto degli spettacoli estivi, ma siamo ancora in attesa dei nuovi bandi regionali. Si lavora a ritmi molto bassi, in una regione come la nostra che presenta dei problemi strutturali pronunciati è tutto estremamente difficile. Continua un momento di incertezza e continuiamo ad immaginare un futuro migliore, ma certamente l’attività estiva ci potrebbe un po’ salvare».
Dal suo punto di vista, il teatro in Calabria è molto lontano da quello di altre regioni?
«In altre regioni le cose si fanno con maggiore tranquillità, mentre in Calabria si aspetta sempre qualcosa. Non va tutto male, si producono spettacoli interessanti, con artisti che hanno tanto da dire e hanno tanto successo una volta superato il Pollino, ma abbiamo delle assenze ingombranti: non abbiamo un teatro pubblico, non c’è una scuola di recitazione pubblica o semi-pubblica».
Con fonti di finanziamento più stabili e strutture, gli artisti calabresi potrebbero avere il necessario anche restando qui?
«Sarebbe qualcosa, ma sento questi discorsi da anni. Non basta schioccare le dita, ma bisogna programmare degli interventi che migliorino in modo consistente la situazione e servirebbe qualche anno. Non possiamo nascondere le difficoltà che sono prevalentemente istituzionali, dal momento che il teatro autogestito e autofinanziato è davvero difficile partendo dalla Calabria. L’istituzione non riconosce i propri operatori dello spettacolo e, se non trovano una distribuzione in grado di sostenerli, molti progetti non entrano nei teatri. Tutto continua a muoversi in maniera nebulosa, a cui si aggiungono i ritardi della pandemia».
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