Il Teatro Rendano di Cosenza
4 minuti per la lettura«“Riapriamo i teatri” non è solo la frase pronunciata per chiedere le riaperture dei teatri dopo l’emergenza pandemica, per la città di Cosenza, questa frase, evoca la riapertura e il funzionamento dei teatri comunali cittadini. Il triste destino del teatro Morelli, del Teatro Tieri (ex Cinema Italia), e del più famoso teatro di Tradizione Alfonso Rendano è un fatto che riguarda prettamente la politica culturale della città. Catastrofica».
Ad affermarlo, in un comunicato stampa, è il movimento Tesoro Calabria guidato dal geologo Carlo Tansi, già candidato alla Regione Calabria. «In un momento come questo – si legge nella nota -, in cui la valorizzazione della cultura cittadina è relegata a fanalino di coda e le casse comunali risultano vuote, senza voler entrare nel merito delle responsabilità, riteniamo che mai come in questo momento si avverte l’esigenza di una nomina di un assessore alla cultura. La cultura è patrimonio anche economico di una città, aspetto sempre dimenticato e trascurato. Ciò di cui abbiamo bisogno è una attenta gestione dei beni culturali presenti in città».
Nella nota si aggiunge: «La figura di un assessore alla cultura dovrebbe essere intesa come una funzione di servizio e non prettamente dirigenziale. Le deleghe alla cultura non possono essere adeguate al coordinamento del patrimonio storico e culturale. Sarebbe necessario avere una figura capace di censire, coordinare, monitorare, promuovere e sviluppare le risorse culturali, tra le quali il Teatro Rendano occupa un posto di prioritaria importanza non solo per la città, ma anche per tutta la Regione. La storia del teatro Rendano è una storia lunga più di un secolo, riconosciuto nel 1985 come teatro Stabile di Produzione».
E ancora: «Negli ultimi anni, a causa di politiche culturali scellerate, abbiamo assistito ad una vera e propria opera di mortificazione di questo luogo della cultura, e sicuramente non per colpa della pandemia. Il Rendano come tutti i teatri di tradizione è disciplinato dall’art. 28 della Legge 14 agosto 1967 n. 800 e hanno il compito di promuovere, agevolare e coordinare le attività musicali nel territorio delle rispettive province. I Teatri di tradizione ricevono finanziamenti secondo i criteri e le modalità per l’erogazione, l’anticipazione e la liquidazione dei contributi allo spettacolo dal vivo, a valere sul Fondo Unico per lo Spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985 n. 163, stabiliti dai decreti ministeriali vigenti al momento, cosa che il Rendano non è stato in grado di garantire, perdendo così nel 2018 l’accesso al Fondo unico pianificato su base triennale. Per anni, l’amministrazione comunale, invece di creare un organigramma con figure gestionali competenti, in grado di tutelare e sviluppare questo enorme patrimonio, si è limitato ad affidare a dei privati la gestione delle stagioni teatrali, arrivando di fatto a svuotare il teatro di tutti i suoi contenuti culturali, artistici e storici e trasformandolo in un contenitore da riempire all’occorrenza. Una sorta di sala ricevimenti con un servizio catering a seguito, intatto si progettavano futuristici musei virtuali per innalzare altari votivi al barbaro invasore, passato, forse, sulle rive della confluenza del Crati e del Busento. E oggi ci chiediamo cosa ne sarà della valorizzazione culturale di Cosenza, augurandoci che non diventi nuovamente contenitore svuotato, oppure il luogo in cui far convergere sostenitori elettorali. In tutto questo l’attenzione cade sul Teatro Rendano, guardato con interesse da certi sostenitori della seconda ora della nuova amministrazione comunale. I titoli di alcuni articoli giornalistici sembrano dare quasi per certa la nomina di un direttore artistico per il teatro, anche se la notizia non viene confermata da sindaco».
Quindi «l’augurio è che la nomina del direttore artistico non si riduca ad una questione di ordine puramente politico, tralasciando motivazioni culturali, dimenticandole fuori, lì nella Piazza XV settembre, accanto alla statua del dimenticato Bernardino Telesio e della Biblioteca Civica abbandonata a sé stessa. Sarebbe molto più logico se la nomina del nuovo direttore artistico venisse dettata da parametri inerenti all’attività di un teatro di tradizione e di produzione. Abbiamo bisogno un direttore artisti e non di impresari. Il Rendano ha bisogno una pianificazione dell’intera architettura gestionale, una responsabilità che potrebbe essere pensata anche con la costituzione di una fondazione che lascerebbe fuori ogni speculazione politica. Non ultimo, l’amministrazione comunale, per l’organizzazione dei teatri cittadini, potrebbe confrontarsi con interlocutori del mondo accademico, creando quella giusta sinergia tra città e università, tra amministratori e esperti di discipline artistico-culturali e del settore della comunicazione; con la possibilità di creare i giusti presupposti per eventuali ricadute occupazionali rivolte ai laureandi. La gestione di un teatro non può prescindere dalla presenza di figure che possano vantare nel proprio curriculum titoli accademici, riconoscimenti e pubblicazioni scientifiche relative all’ambito di competenza. Non sempre – si legge in conclusione – un lungo curriculum è sinonimo di competenza, spesso i titoli sono interminabili liste dello stesso peso e valore dei prodotti di una lista della spesa».
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