Le due delegazioni durante il primo incontro di ieri
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IL presidente Zelensky ha accettato d’incontrare una delegazione russa nella città di Gomel, in Bielorussia, prossima al confine ucraino, per discutere del conflitto, derivato dall’ingiustificata aggressione russa. L’incontro è bilaterale, russo-ucraino, senza la partecipazione di altri Stati. Non si sa se su richiesta di Mosca o di Kiev.
Si svolge poi, a quanto si sa, su richiesta del Cremlino e senza precondizioni, quali per esempio la cessazione degli attacchi o, almeno, dei bombardamenti aerei sui centri urbani. Zelensky era stato dubbioso se far precedere l’incontro da un preventivo “cessate il fuoco”. Temeva che i russi ne approfittassero per far affluire nuove forze, o per rimettere in sesto la loro catena logistica. Essa presenterebbe gravi inefficienze. Lo dimostra il fatto che taluni reparti corazzati sarebbero rimasti privi di carburante.
GLI ACCORDI POSSIBILI
Impossibile fare previsioni sugli esiti dell’incontro di Gomel. Sicuramente sarà preliminare a un vero e proprio negoziato. Gli esiti dipenderanno comunque dalla disponibilità delle due parti di accettare compromessi, cioè di rinunciare a qualche obiettivo per ottenerne altri, che consentano a entrambi di presentarsi come vincitori.
Tutt’al più, a Gomel si potrà trovare un accordo sullo scambio di prigionieri e di feriti, oppure – come proposto con una mossa teatrale da Zelenski – sulla consegna alla Croce Rossa Internazionale dei corpi dei caduti russi «dato che l’Ucraina non vuole avere russi neppure morti sul suo territorio». Sarebbe questa un’umiliazione per l’orgoglio di Putin. Per inciso, sarebbe anche una buona lezione di diplomazia per Sergej Lavrov. Mi brucia ancora il sarcasmo usato nei confronti del nostro ministro degli Esteri, accusato di scarsa «professionalità diplomatica».
GLI EFFETTI DELLE SANZIONI
Nel frattempo, i combattimenti in Ucraina continuano. Le città vengono perdute e riconquistate. Le perdite russe debbono essere rilevanti. Nel contempo, le sanzioni occidentali, soprattutto quelle che congelano le riserve della Banca centrale russa, cominciano a “mordere”. Le altre, sia finanziarie che tecnologiche, hanno bisogno di qualche giorno per divenire efficaci.
Esiste uno stretto collegamento fra la durata della resistenza ucraina e l’efficacia delle sanzioni. Forse sarà necessario solo qualche altro giorno. La Borsa di Mosca e il rublo sono però già a picco. I risparmiatori russi stanno precipitandosi alle banche ai loro risparmi. Ricevono rubli sempre più svalutati. Le riserve della Banca centrale russa, accumulate da Putin per resistere alle sanzioni, sono state congelate dall’Occidente, unitamente ai patrimoni depositati all’estero dal “cerchio magico” di Putin.
ESERCITO RUSSO IN CRISI
I massicci rifornimenti di armi all’Ucraina rafforzeranno le capacità di resistenza delle sue forze. L’incubo di una guerra territoriale prolungata preoccupa il Cremlino. Sembra che il Capo di stato maggiore generale, Gerasimov (il teorico della “guerra ibrida”), sia stato esautorato dal suo incarico. Il piano di attacco all’Ucraina è fallito completamente. Putin sta inviando massicci rinforzi. Non penso che siano sufficienti per accelerare la fine dell’attacco. Le forze armate e le milizie territoriali ucraine, danno prova di un’inaspettata capacità combattiva. Le perdite russe aumentano. Sergey Naryshkin, il capo dell’Svr – il servizio d’intelligence estero di Mosca, già suo fedelissimo e presidente della Duma dal 2011 al 2016 – è stato brutalmente redarguito in pubblico da Putin, perché si era espresso contro l’attacco all’Ucraina e proponeva di limitarlo al Donbass. Aveva ragione.
LE PROSPETTIVE
E adesso: 1) quali sono le prospettive di un negoziato fra l’Ucraina e la Russia? 2) Qual è stata la logica seguita da Putin con la messa in allerta delle sue forze nucleari: è tanto disperato da voler sul serio ampliare il conflitto o si tratta di un semplice bluff? 3) Dopo il fallimento in Ucraina, potrebbe Putin essere cacciato dal potere, come accadde a Kruscev dopo la crisi dei missili di Cuba?
1) Il dibattito in Occidente è incentrato sulla contrapposizione fra guerra e pace. Dovrebbe esserlo sul tipo di pace accettabile per le parti in lotta. Nessuno fa la guerra per la guerra, ma per la pace che la segue. Tutti vogliono la pace, in particolare i conquistatori come Napoleone. Esiste al riguardo una netta asimmetria fra Zelensky e Putin. Essa renderà difficile qualsiasi negoziato. Il presidente ucraino non può non chiedere il completo ritiro di tutte le forze russe, anche dal Donbass. Forse anche dalla Crimea. Putin non potrà accettare tali condizioni. Quindi, pur di non cedere, impantanerà la Russia in una guerra prolungata, fino a prendersi un’Ucraina completamente distrutta.
2) L’allerta del deterrente nucleare – che consiste nell’unire le testate ai loro inneschi, nel muovere i missili su strada o ferrovia e nel duplicare le reti di allarme e comando e controllo – è di certo un bluff. È però pericoloso, poiché aumenta probabilità di errore o incidente.
3) Putin non può essere deposto. Non esiste più un Politburo che possa sfiduciare il presidente. Il Consiglio di sicurezza russo non è tale. È un organo tecnico, non politico. Solo un colpo di Stato potrebbe allontanare Putin dal Cremlino. Si spera che avvenga da parte dei siloviki, qualora Putin, in un attimo di follia, decidesse di impiegare le armi nucleari, anche a scoppio molto alto sull’Ucraina, in modo da spaventarla, senza provocare perdite. In tal caso, che dovrebbe fare l’Occidente? Come reagirebbe la Cina?
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