Il luogo dell'aggressione
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ISOLA CAPO RIZZUTO (CROTONE) – Prima si lamentarono della lentezza del servizio di ristorazione. Poi addirittura delle origini di un malcapitato cameriere «Tu che sei di Papanice vieni fuori che ti ammazzo». Proprio perché il 32enne Antonio Richichi, in servizio al ristorante “Il Cavallino”, era residente nel quartiere del paese di Crotone, Rosario Salvatore Iuliano, il 59enne fermato quasi nell’immediatezza dell’accoltellamento compiuto la vigilia di Ferragosto, avrebbe tentato di uccidere il giovane, “colpevole” di essere, appunto, di Papanice, dove un suo figlio un anno prima fu malmenato. E per mettere a segno la grave aggressione, forse perché ce l’aveva con gli abitanti di Papanice in quanto tali, l’uomo si sarebbe avvalso della complicità di un altro suo figlio, Francesco Iuliano, 30enne, e del cugino Francesco Guarino, 35enne, quest’ultimo domiciliato a Brugherio.
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I carabinieri della Tenenza di Isola Capo Rizzuto, sviluppando i verbali di sommarie informazioni redatti subito dopo il fattaccio e raccogliendo altri riscontri, hanno individuato i presunti concorrenti nell’aggressione culminata, secondo la ricostruzione del sostituto procuratore di Crotone Andrea Corvino, in un vero e proprio tentato omicidio.
Accusa per la quale adesso si ritrovano in carcere anche i due giovani, mentre il più grande del gruppo sarà processato il prossimo 16 marzo col rito abbreviato.
LE ACCUSE
Nei confronti dei nuovi indagati i militari hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Michele Ciociola che contesta il concorso in tentato omicidio col 59enne già detenuto. In particolare, Francesco Iuliano e Guarino prima avrebbero guadagnato l’esterno della cucina, dove si trovava la vittima, minacciandola di morte e invitandola a raggiungerli all’esterno; quindi, poiché Richichi non assecondava la richiesta, sarebbero entrati sferrandogli, il primo, uno schiaffo al volto e il secondo scagliandogli contro le stoviglie. Solo successivamente Rosario Salvatore Iuliano entrava anch’egli in cucina, colpendo la vittima con un primo fendente all’addome. A questo punto l’aggressione, sempre per l’accusa, poteva proseguire soltanto grazie all’intervento di Guarino e Francesco Iuliano, i quali avrebbero immobilizzato Richichi, così permettendo a Rosario Salvatore Iuliano di sferrare ulteriori fendenti che, per mera casualità, non colpivano altre parti vitali.
Durante il raid, gli indagati avrebbero minacciato di morte la vittima mentre cercava di divincolarsi dalla presa. Provvidenziale l’intervento del titolare del locale, Pasquale Laporta, che si scagliò contro Rosario Salvatore Iuliano, venendo ferito di striscio a un braccio. Subito dopo l’aggressione, i due, mentre Richichi, gravemente ferito, tentava di guadagnare la fuga, lo avrebbero inseguito, Guarino brandendo il collo rotto di una bottiglia di vetro, Iuliano minacciando di prendere una pistola custodita nella propria autovettura.
LA TESTIMONIANZA
Gli investigatori hanno riascoltato Richichi, ed è venuto fuori uno spaccato inquietante. Pare che già dopo l’antipasto gli indagati avessero preso di mira due camerieri per la lentezza del servizio nel locale, quella sera particolarmente affollato. Richichi rassicurò i colleghi e andò in cucina per velocizzare i tempi e evitare problemi con gli ospiti seduti a quel tavolo. Il promotore delle lamentele pare fosse Francesco Iuliano che a Richichi si sarebbe rivolto in questi termini: «di duvi sì? Ca ti stai alterando ‘nu poco troppo».
Avevano già finito di cenare, alle 22,30, le portate dei bambini le avevano pur rimandate indietro con pretesti, e attendevano il dolce quando Francesco Iuliano chiese a Richichi di aggiungere un tavolo perché stavano per arrivare suo zio e suo cugino. Il cameriere rispose che si sarebbe liberato presto un tavolo che avrebbe potuto accostare al loro. Ma Francesco Iuliano replicò che a lui non interessava ciò che avrebbe dovuto fare Richichi, il quale avrebbe dovuto immediatamente far sedere i nuovi avventori non appena avessero raggiunto il locale, e ordinò due risotti per i due che stavano per giungere. Per i risotti occorrono 25 minuti di preparazione ma lui li pretendeva subito, altrimenti «va a finire male».
Richichi informa Laporta che si precipita a placare gli animi e poi rassicura il dipendente. Ma gli indagati volevano sapere di dove fosse originario Richichi. «Non dobbiamo andare così lontano», dissero appena seppero che è di Papanice. A quel punto lo Iuliano più anziano raggiunge l’esterno della cucina e alla finestra comincia a inveire: «Tu che sei di Papanice esci fuori che ti ammazzo». E gli altri: «Se non esci ti spariamo».
In prossimità della cucina inizia l’aggressione. Uno del gruppo lo schiaffeggia, venendo supportato da un altro che gli lancia contro piatti e bottiglie, mentre il più anziano va direttamente verso di lui e l’accoltella all’addome. Richichi ricorda una «violenta pugnalata al costato destro» che lo colpisce in pieno, infilzandolo «con una lama assai lunga e stretta che probabilmente giungeva sino alla parte del torace che cinge il cuore». «Hai visto che ti ammazziamo?». I fendenti successivi, mentre gli altri due lo bloccano, arrivano all’ombelico, a un ginocchio e a un gomito; Richichi nemmeno li avverte tanto si sente indebolito dopo il primo colpo, e mentre tutti scappano, l’aggressione non va oltre soltanto grazie all’intervento del titolare che si scaraventa contro lo Iuliano più anziano. I tre aggressori poi fuggono calpestando pure la moglie del titolare.
IL RICONOSCIMENTO
Oltre al ragazzo ferito, anche il titolare indicherà poi gli aggressori e l’antefatto, ovvero i presunti ritardi nel servizio, e così faranno anche altri testimoni. Uno, quello residente nel Monzese, verrà riconosciuto tramite una foto postata su Facebook. Gli indagati sono difesi dagli avvocati Domenico Magnolia e Fabrizio Salviati.
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