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Vladimir Putin

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LE LACRIMUCCE degli europei sulle macerie dello Stato ucraino commuovono soltanto gli stolti, oppure i politici italiani che sono tra i più retorici e falsi dell’intero continente quando invocano la libertà per Kiev e il loro «inderogabile» sostegno alla libertà. Mentre i russi entravano a Kiev, ieri il gas dalla Russia attraverso pipeline dell’Ucraina era a quasi 100 milioni di metri cubi, il doppio rispetto a lunedì 21 febbraio. Aumenta quindi la domanda di gas russo in Europa che finanzia la guerra di Putin. Quante panzane raccontano in Occidente? Si combatte e si pompa, si pompa e si combatte… si pompa e si muore…

SANZIONI BLANDE

In realtà le sanzioni americane ed europee colpiscono Putin fino a un certo punto. E non si può neppure escludere la Russia dal sistema Swift internazionale delle transazioni bancarie. Per un semplice motivo: quando il bando è stato  imposto all’Irab, il dipartimento al Tesoro americano ha messo in lista nera banche ed enti europei che non hanno potuto più fare transazioni in dollari e operare sul mercato americano.

Per uscire dalla lista nera Paribas ha dovuto pagare circa nove miliardi di dollari. Se oggi il Tesoro americano facesse una mossa simile finirebbe per frantumare il fronte europeo e della Nato perché gli interessi tra i vari Stati sono assai diversi. Lo stesso Boris Johnson, che mette al bando le banche degli oligarchi e la linea aerea russa Aereoflot, si è ben guardato dal congelare gli investimenti delle società britanniche nel gas e nel petrolio della Russia perché si tratta di miliardi di dollari in un settore strategico. Le lacrimucce degli occidentali per l’Ucraina sono in realtà lacrime di coccodrillo.

L’Ucraina è una guerra che gli Usa e la Nato non hanno mai avuto intenzione di combattere. Con l’inaccettabile invasione russa è arrivato anche l’impensabile: è tornato il continente selvaggio, quello dei bombardamenti, delle vittime, dei profughi, delle rappresaglie, delle pulizie etniche. Un continente che per la verità non era mai scomparso. Credevano, gli europei, inebriati dal crollo del Muro di Berlino nell’89, di essere usciti dal Novecento, ma Putin ieri li ha fatti rientrare nel secolo dei massacri europei, visto che quelli più recenti, nella ex Jugoslavia, li avevano dimenticati.

Eppure sembra che sia stato proprio Putin a chiedere di inviare dalla Bosnia i parà russi a sfilare a Pristina, in Kosovo, mentre nel ’99 Usa e Nato bombardavano Belgrado, come già aveva fatto il Terzo Reich nel 1941.

SOLIDALI A PAROLE

Kiev non fa parte della Nato, ha sottolineato più volte in queste settimane l’Alleanza Atlantica e Putin ha afferrato il messaggio, dando il via libera all’invasione. Ricordiamoci quanto detto dallo stesso Biden il 20 gennaio, quando aveva dichiarato che in caso di «piccola incursione» in Ucraina la risposta non sarebbe stata automatica. È  come se Washington, pur di non negoziare con Mosca, avesse affermato pubblicamente di essere pronta ad “accettare” questa “piccola incursione”, diventata adesso un’invasione. Insomma, tanta solidarietà a parole ma in pratica un nulla di fatto. Sentire in queste ore che l’Occidente intende ancora «preservare l’integrità dell’Ucraina» sembra soltanto una battuta di pessimo gusto.

Ecco perché se Putin perde ogni credibilità internazionale, rafforza, come voleva, la sua immagine di violenta superpotenza, si impadronisce dell’Ucraina e riporta nella casa madre anche la Bielorussia di  Lukashenko. Nel breve periodo vince, a un costo però che potrebbe essere molto alto per la Russia che si allontana dall’Europa in una deriva tragica e deprimente per i russi. Gli Stati Uniti e l’Europa al momento ne escono male, sia sotto il profilo politico che militare. Che in prospettiva: la Germania conta nulla e rischia di perdere la centralità che aveva con la Merkel, Macron è un gesticolatore, gli altri non esistono, come i polacchi.

L’Europa ha imbastito iniziative diplomatiche senza alcuna speranza di incidere, mentre gli Usa hanno preso soltanto tempo. Anche Biden non se la passa bene. Dopo il disastro del ritiro nell’agosto scorso dall’Afghanistan, incassa uno schiaffo sonoro da Mosca. Prima i talebani, adesso i russi: rischia di pagare un costo salato in vista delle elezioni di mezzo termine. E, in termini più ampi di geopolitica, vede Mosca scivolare sempre di più nelle braccia di Pechino. La Cina, maggiore partner commerciale di Kiev,  che pure nel 2014 non ha riconosciuto l’annessione russa della Crimea,  ieri si rifIutava persino di chiamare “invasione” l’operazione di Mosca.

NATO RIDIMENSIONATA

Il ridimensionamento europeo e della Nato appare ancora più evidente se si esamina il caso della Turchia, membro della Nato, che ha espresso il suo appoggio all’integrità territoriale dell’Ucraina ma è anche legata alla Russia di Putin da cui riceve la maggior parte del gas, con cui ha in costruzione centrali nucleari e dalla quale ha persino acquistato le batterie anti-missile S-400. Se è vero che Mosca e Ankara si confrontano in Siria, Azerbaijan e Libia (dove per altro si sarebbero accordate per un nuovo governo), i due autocrati sono più inclini all’intesa che allo scontro.

Tanto è vero che Erdogan ha evitato di chiudere lo stretto dei Dardanelli, ovvero il Bosforo, al transito delle navi da guerra come aveva chiesto il leader ucraino Zelenski. È  su questa ambiguità del fronte occidentale che conta Putin per mettere le mani sull’Ucraina, farla a fettine e, se ritiene conveniente, insediare un regime filo-russo. Non facciamoci illusioni, le conseguenze saranno gravi. Quando Putin parla di «denazificazione» dell’Ucraina sembra di tornare al 1945, quando l’Europa era sepolta sotto le macerie del più devastante conflitto della storia. è a questo che punta l’attuale zar mescolando storia vera e falsi storici?

La realtà è che a Putin  dà fastidio non solo confinare con i missili Nato – accadeva in parte già con la guerra fredda – ma con democrazie sia pure assai imperfette come quelle dell’Est. Sono un modello che irrita lo status quo di Mosca.


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Alessandro Chiappetta

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