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VIBO VALENTIA – Per almeno sei giorni la fogna ha continuato a fuoriuscire, riversandosi in mare. E, nonostante al Comune di Vibo Valentia tale situazione fosse nota, non si è agito. Anzi, addirittura si sarebbe ignorata la gravità della circostanza. Una vicenda grottesca, quella che vi andiamo riferire, contenuta in una nuova comunicazione del Corap a Palazzo Razza e che nasce dalla rottura della condotta fognaria nella frazione di Bivona.

È il 17 febbraio scorso quando gli operai del Consorzio, nel corso del consueto giro di controllo delle stazioni di sollevamento, notano la copiosa fuoriuscita di liquami in via del Pescatore. A quel punto, come da prassi, si è richiesto l’intervento di un autospurgo ma una volta sul posto il personale del mezzo ha giudicato inefficace l’intervento se prima non si fosse provveduto ad interrompere l’afflusso di liquido fognario che giunge alla stazione da diverse condotte, la giurisdizione delle quali spetta “esclusivamente” al Comune.

Detto ciò, Enzo Sergi, dirigente del settore Gestione Reti del Corap, ha provveduto tramite mail ad informare l’Assessore ai Lavori Pubblici, Giovanni Russo e allo scopo di velocizzare le procedure di intervento, e ha contattato telefonicamente il segretario comunale, Domenico Scuglia il quale avrebbe esortato il funzionario del Consorzio a contattare la dirigente Adriana Teti. Ma al telefono, quest’ultima si sarebbe mostrata «visibilmente infastidita, rifiutando di prendere contezza dell’accadimento, nonostante fosse stata informata dettagliatamente persino dai Vigili Urbani del Comune di Vibo Valentia».

Quindi il primo giorno di sversamento di liquami è passato senza che vi si prendessero provvedimenti. La mattina del 18, il Corap (il quale nei mesi scorsi ha comunicato l’impossibilità di gestire gli impianti di depurazione e le pompe di sollevamento) ha ricontattato la dirigente del Comune «pregandola di prendere visione direttamente della situazione. Questi però rappresentava la difficoltà di fermare il flusso della rete fognaria in quanto il suo Ufficio non era in condizione di individuare la collocazione dei pozzetti, né disponeva di una mappatura della rete fognaria». A quel punto è intervenuta la Capitaneria di Porto di Vibo Marina la quale, preso atto dello sversamento in corso, ha invitato le parti ad una sollecita risoluzione del problema. Problema che, per come evidenziato dal Consorzio, si sarebbe potuto risolvere in poche ore ove si fosse provveduto, da parte del Comune, a fermare il flusso fognario. Solo a seguito dell’intervento dell’Autorità Marittima, la Teti ha provveduto a convocare la ditta di riferimento del Comune, la quale confermava la necessità di fermare preventivamente il flusso fognario.

Problema risolto? Per nulla. Secondo quanto emerge dal carteggio «è stato estemporaneamente deciso di far uso di una pompa idrovora per svuotare la stazione di sollevamento, dato che non si era in grado di bloccare il flusso della rete fognaria. Ovviamente tale procedura, come era facilmente prevedibile, non ha sortito effetto alcuno, nonostante reiterati tentativi, con la conseguenza che fino al 22 febbraio lo sversamento di liquami è ancora in atto», e lo è stato anche il giorno successivo per come testimoniato anche dai residenti della zona.

Il Corap respinge dunque le accuse di inerzia sulla vicenda avendo «sollecitato, anche in maniera pressante ogni avente causa, con atteggiamento professionale e propositivo, ben diverso dal proposito favolistico di voler svuotare il mare con un cucchiaio, secondo propositi istituzionali di tutela e salvaguardia del territorio e della cittadinanza, ha fatto e farà, con urgenza, qualunque intervento di sua competenza, dal momento in cui sarà messo in condizione di operare, fermando l’afflusso fognario, attività questa di stretta pertinenza del Comune di Vibo».

Lo stesso Consorzio – che ha dato disponibilità di personale di supporto per l’emergenza – da giugno 2020 ha avuto una copiosa corrispondenza con Palazzo Razza in quale segnalava situazioni di criticità «senza, tuttavia, ricevere, neppure per auspicabile cortesia, alcun cenno di risposta». E questo nonostante la precarietà delle strutture, oggi in sofferenza, che impongono la necessità di operare con interventi di radicale ripristino di tutte le stazioni di sollevamento, in particolare di quella di Bivona, «la mancata effettuazione dei quali ha prodotto il collasso dei giorni scorsi».

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