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«TRA il 2008 e il 2014 sono stati accertati 500 episodi intimidatori tra i quali molte estorsioni che in gran parte non vennero denunciate dalle vittime». Lo ha spiegato il pm di Milano Paolo Storari che insieme alla collega Francesca Celle e il procuratore aggiunto Ilda Boccassini ha coordinato le indagini della Dda milanese che hanno portato all’arresto di 40 affiliati alla ‘ndrangheta.
Il pm in conferenza stampa ha precisato che «in tanti casi le estorsioni sono state apprese in diretta con le intercettazioni», aggiungendo che «una delle attività prevalenti» delle cosche decapitate stamane in Lombardia «era quella del recupero crediti in quanto gli imprenditori si rivolgevano all’ndrangheta quando avevano problemi di insolvenza.
L’indagine “Insubria”, è stato evidenziato, era nata negli ultimi mesi del 2012 ed è stata condotta dal Raggruppamento Operativo Speciale Carabinieri di Milano, comandato dal tenente colonnello Giovanni Sozzo, già al Ros di Palermo, dove si occupò dell’inchiesta e dell’analisi sui “pizzini” di Bernardo Provenzano e poi, sempre al Ros, a Catanzaro, dove ha maturato la sua esperienza proprio nella lotta alla ‘ndrangheta. Fra i reati contestati l’associazione di tipo mafioso e altri delitti, aggravati dalla finalità di agevolare un’associazione mafiosa: detenzione, porto abusivo e vendita di armi clandestine, estorsione e tentata estorsione, anche con l’aggravante della transnazionalità per essere stata compiuta in più di uno Stato: Italia e Svizzera.
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