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CHI da anni segue il mondo della programmazione delle opere pubbliche, chi da anni segue anche le evoluzioni e le involuzioni di ciò che chiamiamo Pubblica Amministrazione è in grado di prevedere quali saranno, nei prossimi mesi, i passaggi che caratterizzeranno, in modo preoccupante, le sorti del Governo.
1. Dopo la elencazione degli obiettivi raggiunti entro il 31 dicembre del 2021 stiamo, proprio nei primi mesi del 2022, verificando l’avanzamento delle scelte che le varie stazioni appaltanti dovranno garantire nel rispetto dei tempi contemplati dal PNRR. Senza dubbio sia la elencazione delle opere, sia la definizione delle riforme coerenti alle linee guida formulate dalla Unione Europea, la si è potuta raggiungere nei tempi previsti perché, in fondo, tutto rientrava in una tipica attività organizzativa in cui le Amministrazioni centrali, cioè i vari Dicasteri, dovevano solo trasmettere ai vari soggetti preposti alla attuazione concreta del programma le singole iniziative e contestualmente definire, nelle linee generali, le varie riforme. Quindi, questa prima fase, conclusa senza dubbio positivamente ed in tempi contenuti, diventa adesso non solo più difficile ma, al tempo stesso, metterà in evidenza le criticità presenti nei vari soggetti attuatori; necessariamente prenderanno corpo subito le seguenti discrasie:
- Livelli progettuali in fase ancora di “studio di fattibilità” o in moltissimi casi privi delle previste autorizzazioni
- La obbligatorietà di determinate procedure quali la Valutazione Ambientale Strategica (VAS), la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA); procedure che pur se, attraverso ultimi interventi legislativi, hanno subito un forte contenimento dei tempi, devono tuttavia essere prodotte ed allo stato, nella maggior parte dei casi, o sono superate o non esistono per niente
- La obsolescenza di molti progetti, dovuta alla stasi che per oltre sei anni ha caratterizzato l’intero comparto delle opere pubbliche; una stasi che ha in molti casi dato origine a revisioni progettuali o, addirittura, a soluzioni che hanno rivisitato integralmente alcune ipotesi e hanno coinvolto realtà territoriali diverse da quelle coinvolte inizialmente
2. La presa d’atto delle coperture finanziarie non solo legate al PNRR ma anche al Piano Complementare ed ai Programmi del Fondo di Sviluppo e Coesione (2014 – 2020) e (2021 – 2027); quadro che riporto nella tabella qui a fianco.
Come già detto in miei altri interventi da questo quadro si evince che dal 2023 in poi, nelle varie Leggi di Stabilità sarà davvero rilevante il volano di risorse da allocare nel bilancio ordinario e questo darà origine ad una non facile problematica sia in merito alla ricerca delle risorse, sia alle modalità finanziarie da utilizzare per contenere il nostro debito pubblico. Dovremmo allocare, addirittura, nei prossimi 5 anni, circa 40 miliardi di euro all’anno nelle Leggi di Stabilità.
3. L’inizio di una campagna elettorale; a tale proposito ricordo che tra il 15 aprile e il 15 giugno si voterà in 974 Comuni in 753 comuni appartenenti a regioni a statuto ordinario. L’elenco dei comuni è ancora provvisorio perché a questi si aggiungeranno altre eventuali amministrazioni i cui consigli comunali saranno sciolti entro il 24 febbraio 2022. Nel mese di novembre, sempre del 2022, si voterà in Sicilia per il rinnovo del Parlamento regionale.
Quindi siamo ormai in piena campagna elettorale e lo si nota da quello che in questi giorni è successo in Commissione alla Camera: il Governo si è auto affondato per quattro volte. Il PD ed il Movimento 5 Stelle hanno votato contro sull’ILVA; la Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno bloccato il tetto sul contante. Ma oltre a queste imprevedibili sorprese sono fermi in Parlamento provvedimenti cruciali come la “concorrenza” e le “delega fiscale”. Il Presidente Draghi ha riunito i capi delegazione ed ha detto espressamente: “Fatemi sapere cosa intendete fare, perché se il Governo non produce, non ha senso che vada avanti”. Sicuramente in momenti diversi questo comportamento del Parlamento avrebbe immediatamente prodotto una crisi di Governo; ma in questo momento l’obiettivo principale dei parlamentari, specialmente di quelli che sanno benissimo di non poter più tornare in Parlamento, è quello di evitare ogni possibile crisi, ogni possibile scioglimento delle Camere.
4. Poi c’è l’emergenza energetica che non legherei essenzialmente con la crisi in Ucraina ma ad una serie di fattori che produrrà, nell’intero lungo anno 2022, preoccupanti di crisi nell’intero sistema economico. Ci saranno tre distinte criticità una legata ai rilevanti costi per le famiglie, cioè per coloro che dovranno pagare bollette costosissime, una seconda per la produzione industriale ed una terza per la intera offerta logistica.
Per quanto concerne la offerta logistica questa produrrà effetti analoghi a quelli vissuti nel 1974. In quell’anno la guerra del Kippur portò le nazioni anti – americane alleate di Egitto e Siria a raddoppiare il prezzo del petrolio e diminuirono del 25% le esportazioni. Gli altri Paesi arabi appartenenti all’OPEC appoggiarono la causa e bloccarono le proprie esportazioni di petrolio. Il processo portò all’innalzamento vertiginoso del prezzo del petrolio, che in molti casi aumentò più del triplo rispetto alle tariffe precedenti.
In Italia, il Governo varò un piano nazionale di “austerity economica” per il risparmio energetico che prevedeva cambiamenti immediati: il divieto di circolare in auto la domenica, la fine anticipata dei programmi televisivi e la riduzione dell’illuminazione stradale e commerciale. Insieme a questi provvedimenti con effetti immediati, il governo impostò anche una riforma energetica complessiva con la costruzione, da parte dell’ENEL, di centrali nucleari per limitare l’uso del greggio. Ebbene, nei prossimi mesi vivremo la stessa emergenza del ’74 e non sarà facile superare tale emergenza senza il ricorso a scelte strategiche strutturali; il ricorso al nucleare non potrà essere solo invocato.
5. La forte distanza tra quanto programmato attraverso il PNRR ed il concreto avvio dei lavori, in questo anno, ancora una volta, diventerà oggetto non solo di critica da parte della Unione Europea nei confronti del nostro Paese ma anche prenderà corpo una sistematica contestazione della stessa Unione Europea sulla assenza, almeno per tutto l’anno 2022, di Stati Avanzamento Lavori. D’altra parte la causa di questi ritardi è legata sia al blocco per oltre sei anni dell’intero sistema delle opere infrastrutturali, sia al livello, quasi inesistente, di elaborati progettuali adeguati.
In realtà non sarà facile difendersi dalla facile e diffusa critica di ottimismo mediatico. Un ottimismo che aveva dato per scontato scadenze temporali che, soprattutto nel 2022, diventano inattuabili. Questo porterà già nel corrente anno ad anticipare il tagliando previsto per l’intero PNRR nella primavera del 2023. In quella occasione, quindi, bisognerà prospettare un Piano B più difendibile; un Piano che goda delle stesse condizioni temporali del Fondo di Sviluppo e Coesione, cioè la famosa clausola (+ 3), in tal modo la scadenza passerebbe dal 2026 al 2029; un Piano che riveda quelle scelte prospettate in modo non organico e le sostituisca con proposte non solo in grado di rispettare i tempi ma anche coerenti con precisi obiettivi di crescita.
6. Sempre nel 2022 crolleranno tutti gli altri dati legati alle percentuali di risorse del PNRR assegnate al Mezzogiorno. Sempre per il 2022 crolleranno le più volte annunciate percentuali: non il 34% (dato di base per la quota delle risorse da assegnare al Sud) ma:
- Il 40% previsto dall’ex Ministro del Mezzogiorno Provenzano
- Il 50% previsto dall’ex Ministra delle Infrastrutture De Micheli
- Oltre il 60% previsto dall’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte
- Il 56% previsto dalla Ministra del Mezzogiorno Carfagna e dal Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili Giovannini
Ci convinceremo che quelle percentuali, purtroppo, dopo due anni dalla approvazione del PNRR, rimangono solo pregevoli aspettative ed il Mezzogiorno da realtà che aveva consentito l’ottenimento, da parte del nostro Paese, di risorse rilevanti attraverso il PNRR, rimane ancora una volta, ripeto dopo 2 anni, una realtà territoriale priva di indicatori funzionali alla crescita.
Il Presidente Draghi con la sua reazione del 17 febbraio nei confronti dei capi delegazione ha praticamente denunciato il suo pieno convincimento del difficile percorso che il suo Governo dovrà sostenere in questi prossimi mesi e proprio questa coscienza penso sia la forza per ridimensionare, in modo adeguato, le evidenti incapacità della sua squadra di Governo.
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