Angelo Salinardi
3 minuti per la letturaPOTENZA – È stata una fornitura di mascherine chirurgiche a portare gli investigatori della Squadra mobile di Potenza dentro il palazzo della Regione Basilicata. Mentre monitoravano gli affari, e le mazzette, dell’ex sindaco di Ruoti Angelo Salinardi. Fin sull’uscio dell’ufficio del governatore Vito Bardi in persona.
Sono racchiusi in questa vicenda i possibili sviluppi dell’inchiesta “madre” del procedimento stralciato agli inizi del 2021, e che la scorsa settimana ha portato agli arresti domiciliari Salinardi e altre 15 persone. Sebbene per buona parte di queste ultime, in seguito, il gip abbia già concesso una varietà di misure cautelari meno afflittive.
Un procedimento, quello appena venuto alla luce, che ha preso di mira la «macchina del fango» attivata da Salinardi per costringere alla dimissioni l’attuale prima cittadina Anna Maria Scalise, colpevole di averlo tradito dopo essere stata da lui stesso candidata ed eletta, e mazzette varie. Quelle date per accaparrarsi una serie di commesse nell’indotto Stellantis; e quelle ricevute come ricompensa per i favori concessi al gestore della casa di riposo comunale di Ruoti.
Mentre nell’inchiesta “madre” sono rimaste una serie di altre ipotesi di reato, per cui la scorsa estate – come raccontato in esclusiva dal Quotidiano del Sud – risultavano iscritti sul registro degli indagati, tra gli altri, anche due assessori regionali Franco Cupparo (attività produttive) e Rocco Leone (sanità), il capogruppo azzurro in Consiglio regionale, Francesco Piro, e l’ex il direttore generale del Dipartimento salute di via Verrastro, Ernesto Esposito. Più il senatore Salvatore Margiotta (Pd), già sottosegretario ai Trasporti del governo Conte II, una pattuglia variegata di primi cittadini lucani. Quale sia l’oggetto delle vicende alla base di queste ultime iscrizioni sul registro degli indagati resta avvolto in buona parte dal segreto istruttorio.
Ma negli atti a sostegno delle misure cautelari a carico di Salinardi e gli altri è rimasta traccia indelebile delle telefonate che hanno impresso una svolta agli accertamenti degli agenti della sezione pubblica amministrazione della Squadra mobile di Potenza. A partire da una telefonata in cui Salinardi parla con l’imprenditore piemontese Marco Massano della possibilità di vendere alla Serbia le mascherine prodotte dalla velocissima riconversione produttiva «grazie ai buoni uffici intrattenuti da Salinardi con la classe politica locale – di una fabbrica nel comune di Filiano riconducibile all’ex sindaco di Ruoti. Affare che secondo Massano, anche lui ai domiciliari dalla scorsa settimana, avrebbe permesso a entrambi di farsi: «le palle d’oro».
Oltre che nei Balcani, infatti, Salinardi avrebbe avuto in mente di piazzare una partita di mascherine anche alla Regione Basilicata. Per farlo, però, avrebbe preferito non muoversi in prima persona, ma utilizzare come intermediario un imprenditore campano, a cui ha consegnato un campione di 100 mascherine. Questo imprenditore, poi, si sarebbe rivolto a un ulteriore intermediario, lucano doc, come il lagonegrese Nicola Timpone, poliedrico direttore del Gal “La cittadella del sapere” e del festival del cinema di Maratea. Timpone che a sua volta sarebbe stato in contatto con l’ex segretario particolare del governatore Bardi, Mario Araneo. Un nome, quello di Araneo, saltato fuori più volte durante le indagini.
«Dalle intercettazioni telefoniche svolte (…) è emerso che Timpone Nicola (…) sovente si reca nell’ufficio di Araneo Mario per parlare di persona».
Fin qui la parte desegretata delle indagini, che in seguito hanno portato all’iscrizione per associazione a delinquere finalizzata e turbativa nella scelta del contraente degli stessi Araneo, Timpone, e l’ex direttore generale del Dipartimento salute, Esposito.
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