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AREZZO – A distanza di quasi 16 anni dalla scoperta dei due cadaveri, trovati il 9 aprile 2006 in una buca profonda un metro e mezzo in un bosco a Terranuova Bracciolini nel Valdarno Aretino, dieci persone sono state indagate per il delitto dei fratelli Angelo ed Ettore Talarico, 42 e 35 anni, originari di Cerva (Catanzaro), feriti a morte da colpi sparati da due diverse pistole. Omicidio in concorso e associazione mafiosa le ipotesi di reato.
L’iscrizione nel registro degli indagati è finalizzata, secondo quanto appreso, a una comparazione del Dna, disposta dal gip, per cercare di risalire agli autori di quella che allora, fin da subito, fu inquadrata come un’esecuzione probabilmente riconducibile alla criminalità organizzata: le indagini passarono nel giro di un giorno alla Dda fiorentina che ne è titolare tuttora, puntando alla Calabria. All’epoca gli investigatori vagliarono possibili collegamenti con la faida tra le due ‘ndrine rivali dei Bubbo e dei Carpino. Anche oggi emerge che gli inquirenti avrebbero effettuato verifiche in ambienti considerati vicini alle due cosche.
L’inchiesta sarebbe ripartita negli ultimi mesi del 2021, a seguito di un input su cui gli inquirenti mantengono il più stretto riserbo. Gli indagati sono tutti di origine calabrese, tra loro anche un imprenditore titolare di una ditta edile da tempo residente nel Valdarno, alcuni attualmente in carcere. Secondo quanto appreso la Dda avrebbe fatto richiesta dell’accertamento tecnico, la difesa degli indagati avrebbe chiesto l’incidente probatorio. L’udienza è stata fissata per l’8 marzo: verrà dato incarico al perito di estrapolare il Dna dal materiale sequestrato all’epoca sul luogo del delitto, tra cui gli abiti dei due fratelli e i loro effetti personali. Quanto sarà eventualmente trovato verrà confrontato col Dna degli indagati.
La scoperta dei cadaveri avvenne due giorni dopo la scomparsa dei due fratelli da San Giovanni Valdarno, paese non lontano da Terranuova Bracciolini, dove si erano trasferiti da alcuni mesi per fare i muratori in una ditta che aveva appalti in provincia di Firenze. L’allarme fu dato da un anziano agricoltore: aveva notato tracce di sangue. Gli inquirenti ipotizzarono che i due fratelli fossero stati attirati in trappola, avessero tentato di fuggire venendo feriti alle spalle, poi raggiunti e uccisi ciascuno con un colpo di pistola sparato a distanza ravvicinata verso la nuca, infine gettati nella buca precedentemente scavata e coperti parzialmente con terriccio e calce.
Nell’Aretino il duplice delitto suscitò molto scalpore. Intervenne anche l’allora vescovo di Arezzo, oggi presidente della Cei, Gualtiero Bassetti che si rivolse agli assassini perchè si consegnassero e lanciò un appello: «Chi sa qualcosa che possa tornare utile alle indagini lo comunichi alle forze dell’ordine».
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