Raffaele Scaturchio
2 minuti per la letturaDASÀ – «Ho temuto per la mia vita. In quei secondi interminabili, quando venivo colpito con calci e pugni, ho pensato solo ai miei cari. Fortunatamente sono intervenuti consiglieri e dipendenti comunali e mi sono potuto mettere in salvo».
È ancora scosso Raffaele Scaturchio, giovane sindaco del piccolo comune dell’Alto Mesima. La barbara aggressione subita mercoledì pomeriggio al municipio ad opera di quattro persone – una delle quali doveva essere ai domiciliari – tre delle quali subito arrestate dai carabinieri (mentre una quarta è ricercata), ha lasciato il segno non soltanto fisico ma anche psicologico. Sì, perché un’aggressione di tale violenza – addirittura con mobili lanciati contro il primo cittadino e gli altri presenti – non si riesce a spiegare e soprattutto deve essere condannata duramente. Ed è quello che ha fatto non solo la comunità dasaese ma anche la politica a tutti i livelli, il mondo dell’associazionismo, quello sindacale e via dicendo. Quella di Scaturchio è la storia di tanti amministratori che spesso operano da soli, in prima file, a rischio della propria incolumità.
Le fasi del pestaggio sono per certi versi inquietanti: «Mi trovavo in Giunta con gli assessori per discutere di varie pratiche, quando mi è stato detto da un dipendente che fuori la sala c’erano delle persone che volevano parlarmi. Una di queste la conosco e pertanto sono uscito e ci siamo messi in una stanza attigua». Ma Scaturchio non poteva certo immaginare che nel giro di pochi secondi la situazione sarebbe precipitata: «Hanno iniziato a dirmi che sono un infame per aver solidarizzato con i carabinieri in occasione, a settembre scorso, dell’irruzione in caserma dell’Arma di due persone (una delle quali proprio lì, ndr) affette dal Covid». Il sindaco è rimasto esterrefatto e ha replicato invitando i presenti ad andarsene ma per tutta risposta «ho ricevuto un pugno al volto da uno di loro. Sono rimasto intontito, dopo di che ho ricevuto un calcio, e poi un altro ancora».
Sono state le urla a salvarlo, facendo intervenire assessori e dipendenti: «Devo ringraziarli perché se non ho avuto conseguenze gravi (è stato già dimesso dall’ospedale, ndr) è solo per loro», ha commentato Scaturchio che sarebbe stato solo uno degli obiettivi del gruppo: infatti prima di recarsi a Dasà avrebbero provato a intercettare il sindaco di Acquaro, Giuseppe Barilaro, che come il collega malmenato aveva la “colpa” di aver solidarizzato con i carabinieri.
«Sono scene a cui nessuno di noi vorrebbe assistere. Noi siamo in trincea ogni giorno – ha commentato Scaturchio – e purtroppo mettiamo in conto simili episodi, ma di fatto siamo soli».
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