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LA SVIZZERA continua ad essere il “paradiso” dei boss calabresi. Il Canton Ticino, lo stato elvetico più a meridione, un vero e proprio bazar per la compravendita di armi e munizioni a disposizione della ‘ndrangheta. La conferma arriva dall’operazione “Quadrifoglio” della Dda di Milano, scattata circa una settimana fa nei confronti di 13 affiliati delle ‘ndrine calabresi operanti nel comasco e in stretto contatto con i capi mafia della Locride, della Piana e del vibonese (LEGGI LA NOTIZIA).
“Quadrifoglio” è il nome della cooperativa brianzola nei cui uffici i boss erano soliti incontrarsi per decidere le strategie del gruppo malavitoso. L’indagine ha portato anche alla scoperta di un traffico di armi da Lugano in Italia. Nelle 800 e passa pagine dell’ordinanza di applicazione di misure coercitive personali firmata dal Gip del Tribunale di Milano, Alfonsa Maria Ferraro, sono riportati i dialoghi intercettati tra alcuni ‘ndranghetisti della zona di Como che, con linguaggio esplicito, parlano delle armi che si trovano in Svizzera nel comune del cantone svizzero.
Nelle numerose intercettazioni captate tra i diversi sodali del gruppo arrestato con l’operazione “Quadrifoglio” non mancano riferimenti alla tenuta di pistole, fucili e munizioni, pronte per essere utilizzati al bisogno. Armi ovunque, nascoste nei posti più strani e sempre pronte all’evenienza, come dice Giuseppe, il figlio del boss Antonio Galati di Cabiate, parlando con un amico: “Vado a prendere la roba “abrasata” a Bergamo… canne mozze e 45 magnum elaborata”, dice l’amico. “Ma ce l’abbiamo noi! Devi andare fino a Bergamo?”. “A Perticato, lì alla rotonda?”. “Ma pure un po’ più vicino”. Principale luogo di provvista sempre la Svizzera.
Ma già negli anni ‘90, dalle confessioni di un boss pugliese, Salvatore Annacondia, si sapeva che le armi erano depositate in Svizzera prima di essere trasportate in camion verso lo Stivale. “Le trasportavamo attraverso le dogane di Chiasso o Ponte Tresa, nascondendole nei pacchi di riso o di caffè. Non ci controllavano mai” – si legge in alcuni passaggi del suo pentimento. Risale a due anni fa, invece, la conclusione di un’altra inchiesta che ha svelato un sistema per importare dalla Svizzera, attraverso i valichi di Brogeda, ancora una volta nel comasco, grossi quantitativi di armi comuni da sparo e armi da guerra, con relative munizioni. Committente sempre la ‘ndrangheta. Perché “la ‘ndrangheta – come attestano gli stessi organi federali elvetici – è in Svizzera da una quarantina d’anni”.
LEGGI SULL’EDIZIONE CARTACEA OPPURE SULL’EDIZIONE DIGITALE ACQUISTABILE CLICCANDO QUI IL SERVIZIO INTEGRALE A FIRMA DI FRANCESCO SORGIOVANNI SULLE ARMI DELLA ‘NDRANGHETA IN SVIZZERA
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