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POTENZA – La preside Silvana Gracco e la sua esperienza all’istituto professionale di Potenza, con il percorso professionalizzante realizzato con fondi Cipe che ha portato all’assunzione di 25 studenti su 50. Matera e il “Coderbas” ovvero una proposta di progetto di interazione nelle scuole primarie grazie al software “coderjogo” per l’acquisizione attraverso strumenti tecnologici in dotazione ai bambini di concetti logici. Sono solo alcuni dei visionari della scuola lucana. Docenti, formatori, dirigenti scolastici, studenti – prevalentemente universitari – che guardano lontano considerando il presente. Erano presenti ieri alla prima giornata di “Visionari della scuola” ideata e organizzata dal Dipartimento regionale alle Politiche di sviluppo in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale, per creare uno spazio di dibattito tra studenti, insegnanti e famiglie ed esprimere proposte, idee in linea con le azioni di consultazione nazionale “La buona scuola” avviata dal governo Renzi. A loro hanno fatto da contraltare i più pessimisti. Quelli del “nulla è possibile” perché non ci sono soldi, i ragazzi sono maleducati, le classi sono piene, le scuole chiudono nei piccoli Comuni. Se pure, nella peggiore delle ipotesi, la Regione Basilicata nel definire i prossimi finanziamenti e il dimensionamento scolastico regionale non dovesse tener conto del documento che verrà redatto oggi a seguito del barcamp – quando si cercherà di fare sintesi su quanto uscito fuori ieri dai gruppi di lavoro –l’iniziativa avrà avuto il merito di far emergere pregi e difetti della scuola lucana, a partire dalle posizioni opposte dei suoi protagonisti. Un pregio è, per esempio, il dato sulla dispersione scolastica pari al 14 per cento contro il 19,2 della media nazionale su cui ha lavorato il gruppo “Studiare meglio, studiare tutti” condotto da Marco Dossi Doria, sottosegretario di Stato al ministero dell’Istruzione nel Governo Monti. Il maggior difetto, oltre alle scarse competenze base dei quindicenni lucani al di sotto delle medie nazionali specialmente in matematica e scienze, è lo spopolamento: la densità abitativa della Basilicata è la più bassa in Italia dopo la Valle D’Aosta con i suoi 58,9 abitanti per chilometro quadrato. In questo contesto ci si è interrogati in “Gli spazi dell’educazione” condotto da Samuele Borri, dell’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa del ministero dell’Istruzione su come creare, a prescindere dalla dotazione finanziaria, una scuola dove «i ragazzi non vogliono andar via quando suona la aore didattiche? Facendo decidere al ragazzo gli spazi in base alle sue esigenze? Sicuramente entrando nell’era digitale, cioè dotando la scuola «di strumenti tecnologici» come ha detto Dianora Bardi, presidente dell’associazione nazionale Impara digitale al gruppo “La scuola nell’era digitale”. E la questione è sì di strumenti, ma soprattutto di cultura. Tecnologia significa anche interazione, lavori di gruppo, accrescimento di competenze e non solo di conoscenze. Perché è questo che chiedono nel mondo del lavoro, su il cui ponte con la scuola c’è molto da fare come emerso in “OrientaMenti” condotto da Elena Ugolino, sottosegretaria all’Istruzione al governo Monti. Si tratta, in sostanza, di “educare al mondo che cambia”, argomento del laboratorio condotto da Marinella Sclavi, sociologa esperta in gestione creativa del conflitto. Poche le associazioni che pure hanno a che fare con l’educazione, nelle scuole e non, assenti i sindacati, che hanno fortemente criticato l’iniziativa.
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