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L’anno formalmente appena passato, e che forse mai passerà, con tutto il carico della sua velocità di ingresso nella vita corrente e ricorrente, ha ospitato tre grandi romanzi. Tre opere che sono allo stesso tempo del mondo vecchio e del mondo nuovo. Intanto perché quali luoghi di ambientazione o comunque di riferimento hanno sia Roma che una parte fascinosa del Settentrione. Tempo che quindi si muove grazie ai cosiddetti “luoghi dell’anima”.

Dopo aver letto l’ultimo libro epico di Magliani, abbiamo ascoltato dalla sua viva voce, per la verità prima durante la registrazione di un’intervista a RadioA (Radio Apuana), la sintesi di presentazione ospitata dal Convento degli Agostiniani di Fivizzano, luningiana toscanense piena, in un momento condiviso con lo scrittore pisano Athos Bigongiali.

Quindi intanto abbiamo capito sicuramente che “Il cannocchiale del tenente Dumont” è, più che un romanzo storico, un romanzo della Storia. Un’avventura di tre disertori narrata dal disertore per eccellenza, il Magliani. Che evita il problema sempre in agguato dell’ampollosa retorica arrangiando la trama col giusto e misurato, garbato, lirismo; un linguaggio in prima istanza tutto piano. Con gli elementi raccontati elevati a soggetti. Siano essi, appunto, luoghi che personaggi. Dove la lingua italiana, preparata da una estesa e accanita ricerca documentaria e linguistica, si rifà tale con innesti di lettere, diari, ricordi. Siamo, occorre forse dire, nel tempo d’estate dell’Ottocento assoluto. Tre soldati di Napoleone stanchi della campagna d’Egitto scoprono l’hascisc e la Liguria. Ma soprattutto quegli orizzonti di Biamonti che in tutto il Nord meridiano possiamo vedere e rivisitare.

“L’estate corsa” è il romanzo perfetto del filosofo, poeta, performer e comunista-dandy di Forlani. Non a caso alla sala consigliare del Comune di Carrara, lui curatore del mondo dei margini e delle loro passeggiate illusorie e allusive, aveva voluto ricordare Matera e il legame poi fra gli strappi di Rotella che legavano queste due città di pietre. Tanto per cominciare. Il protagonista di quest’opera di Forlani è uno scrittore tanto colto quanto di pochi soldi che sta a Parigi. La trama del libro, divertente e curiosa almeno quanto un’istallazione vivente, performativa, dell’autore stesso, passa dall’incarico offerto da un paesino della Corsica di scrivere la biografia di un personaggio inventato dal sindaco di questo posto surreale quanto vero negli anni Settanta. In una punto pericoloso della sua zona, insomma, il primo cittadino corso aveva fatto erigere un busto omaggio a questa figura verosimile al fine d’evitare incidenti stradali. Ma decenni dopo l’idea si scontrerà col alcuni limiti. Insomma il protagonista Frank si porta in Corsica: e s’infatuerà di Rosa, conoscerà meglio la storia della Corsica con tanto di legami con Pisa, suonerà la fisarmonica…

Pazzi, invece, come aveva ricordato nella sua Ameglia della nascita e dell’eterno ritorno, durante la cerimonia pubblica di assegnazione del titolo di “cittadino d’eccezione”, mentre il suo fiume Magra ascolta e forse persino lui tace, dopo aver fatto rinascere Gesù a Bari – “L’ombra del padre” (Sperling & Kupfer, 2005) –, con “Hotel Padreterno” decide che è arrivato il momento di far scendere, questa volta appunto nella Capitale, il sig. Giovanni Eterno: alias Dio. Che ha una missione in mente, certo. Epperò qui sulla Terra che ha creato oltre a ragionare col la sua cara Morte, deve rapportarsi con quegli esseri umani che, naturalmente, sono molto ma molto più umani di lui.


Le copertine dei libri
“Il cannocchiale del tenente Dumont”, di Marino Magliani, L’Orma editore (Roma, 2021), pag. 296, euro 20.00;
“L’estate corsa”, di Francesco Forlani, Felici Editore (Pisa, 2021), pag. 220, euro 14.00;
“Hotel Padreterno”, di Roberto Pazzi, La Nave di Teseo (Milano, 2021), pag. 416, euro 20.00.


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