Il premier Mario Draghi
6 minuti per la letturaOggi o al massimo domani si può fare la doppia scelta giusta che è Draghi al Quirinale e una figura tecnico-politica super partes europeista e atlantista a Palazzo Chigi con il governo di unità nazionale che agisce in piena continuità. Oppure una figura istituzionale alla presidenza della Repubblica che continui nell’opera di Mattarella di sostegno alla formula Draghi. Altrimenti diventa reale il rischio di andare nel caos e di perdere subito i soldi europei. Nei radar dei mercati oggi ci sono la Federal Reserve e i venti di guerra in Ucraina che possono consegnare l’Europa orfana di leadership politiche alla recessione se Putin maltrattato dagli USA chiude i rubinetti del gas. Aggiungerci l’instabilità italiana significa rendere concreto il rischio che i mercati la prendano ancora peggio. Se ti tiro un calcio sulla gamba mentre stai bene ti fa male un po’, se hai già la gamba rotta ti fa male tre volte. Questo insegna la lezione del 2010/2011
La stabilità italiana garantita dal governo Draghi è considerata “pericolosa” dai partiti della coalizione che lo sostiene, ma è esattamente quella che serve al Paese e all’Europa. Bisogna che i capi partito se ne rendano conto fino in fondo smettendola di giocare con le terne e le carte coperte. Bisogna che i parlamentari della Repubblica italiana comprendano che la stagione dell’Unità Nazionale è quella della Nuova Ricostruzione alla quale è affidato il nostro futuro. Bisogna che proprio loro che sono i titolari supremi della sovranità popolare si rendano conto che stanno per eleggere il garante dell’unità nazionale per i prossimi sette anni, non il presidente della giuria del premio simpatia. Bisogna salvare la formula Draghi e bisogna farlo molto presto. Perché se non salviamo nemmeno la formula Draghi allora andremo incontro all’avventura. Bene che vada si va alle elezioni anticipate entro due o tre mesi con il rischio reale di andare prima nel caos e di perdere subito i soldi europei.
Oggi o massimo domani si può fare la doppia scelta giusta che è Draghi al Quirinale e una figura tecnico-politica super partes convintamente europeista e atlantista per la guida di Palazzo Chigi con il governo di unità nazionale che agisce in piena continuità. O viceversa una figura istituzionale alla presidenza della Repubblica che continui nell’opera di Mattarella di sostegno alla formula Draghi e che abbia con lui l’empatia necessaria perché anche queste cose contano. Questo significa fare il bene dell’Italia e dell’Europa e questo tocca a noi chiedere. Questo significa capire che cosa è l’Unità nazionale e la nuova Europa della solidarietà sociale avendone un dividendo politico reale perché gli italiani sapranno riconoscere il cambio di passo. Queste, non altre, sono le considerazioni che il Parlamento sovrano dovrebbe avere bene a mente e dovrebbe muoversi di conseguenza all’interno di una soluzione di sistema mostrando consapevolezza dell’entità della posta in gioco.
Nei radar dei mercati oggi ci sono le politiche restrittive della Federal Reserve con il rialzo dei tassi e i venti di guerra in Ucraina che possono consegnare l’Europa alla recessione. Diciamo le cose come stanno. La Merkel non c’è più e il nuovo Cancelliere tedesco non sa che fare. Macron è assorbito integralmente dalla campagna elettorale delle presidenziali francesi. L’Inghilterra fa i conti con la sua dolorosa Brexit e si ritrova anche con un premier al minimo storico di consenso che può essere mandato a casa da un momento all’altro. In Italia è partito il più vergognoso dei giochi nazionali che è quello di bruciare a fuoco lento perfino Draghi, salvatore dell’euro e artefice riconosciuto della ritrovata credibilità nazionale.
In queste condizioni l’Europa non esiste e ad affrontare la questione Ucraina ci sono rimasti solo gli Stati Uniti con le loro rigidità e un’idea dominante anche sull’Europa. Indipendentemente dal rischio atomico della guerra basta che in questo delicato equilibrio Putin si senta maltrattato perché chiuda i rubinetti del gas e tutti i paesi europei crollano in recessione. La delicatezza del quadrante internazionale sul piano monetario e energetico se nasconde oggi il focus italiano ci dice, però, che qualsiasi ipotesi di instabilità che possa avere l’Italia moltiplicherebbe per dieci il prezzo dell’instabilità. I mercati sono già molto intimoriti, basta poco per farli spaventare ulteriormente. I mercati impauriti fanno letteralmente paura a questo Paese in vista di una nuova acclarata instabilità italiana.
Per capirci a dicembre i mercati volavano e c’era un ottimismo totale per cui con un problema italiano un po’ lo spread si sarebbe allargato ma niente di che. Ora invece che c’è un grande pessimismo sui mercati causa Fed e Ucraina, aggiungerci l’instabilità italiana significa rendere concreto il rischio che i mercati la prendano ancora peggio. Se ti tiro un calcio sulla gamba mentre stai bene ti fa male un po’, se hai già la gamba rotta ti fa male tre volte. Ora l’Italia è fuori dai radar, ma se noi ci giochiamo male la partita del Quirinale, rischiamo di avere il calcio nella gamba dai mercati quando abbiamo già la gamba rotta e possiamo vedere le stelle.
L’esperienza del 2010/2011 insegna che lo spread prima sale un po’ lentamente e in modo continuativo, ma che tutto ciò è la premessa migliore per fare poi il botto. Anche qui un paio di numeri sono sufficienti per capire ancora meglio la situazione. Lo spread da metà ottobre, che è il punto più basso del mercato, a oggi è salito del 19% in Spagna, quello italiano è cresciuto del 47%, quasi tre volte di più. Oggi lo spread spagnolo rispetto al Bund tedesco è di 70 punti, quello italiano oltre 140, più del doppio.
Il Paese non può permettersi un quadro istituzionale mutato nel suo assetto di maggioranze politiche che comporti una scelta non condivisa al Quirinale e la destabilizzazione del governo Draghi. Il Paese ha bisogno di un governo che gestisce il Pnrr nella sua fase esecutiva più delicata e di una presidenza della Repubblica che tiene fermo il pallino sul cammino delle riforme. Perché le obbligazioni assunte con il Piano nazionale di ripresa e di resilienza sono obbligazioni del governo della Repubblica italiana e fanno ora parte del patrimonio comune della grande sfida della politica italiana.
La sconfitta della politica si materializza in questa contraddizione pubblica, speriamo solo apparente, fra lo spazio del governo e lo spazio della politica e questo significa non capire il valore del funzionamento del governo Draghi. Che ha preso l’Italia politica al minimo storico di credibilità al punto da affrontare un’ondata pandemica senza un piano pandemico nazionale e che ha messo subito oltre 4 miliardi sul tavolo sottraendoli alle marchette che hanno imperato anche in piena crisi sanitaria. Questa è la realtà che non può sfuggire a nessuno in buona fede ed è la stessa realtà che impone di fare le riforme ancora non realizzate, dalla concorrenza alla revisione del codice degli appalti fino al completamento di giustizia e pubblica amministrazione, rispettando il calendario concordato in Europa.
Il voto del Quirinale di oggi è ancora una grande scheda bianca perché anche se voti per uno che non può vincere e non può essere candidato è scheda bianca. Bisogna essere molto onesti o, per lo meno, consapevoli che tutto quello che la politica dei partiti ha fatto in questi giorni terribili nei confronti di Draghi è un vero peccato più per l’Italia che per l’uomo italiano più stimato nel mondo. Dire che tutto ciò non avrebbe effetto sui prossimi mesi di presidenza del Consiglio è un’irresponsabile presa in giro che diventa irritante quando si traduce in lodi sperticate per nascondere un rifiuto. Si lavori piuttosto nella notte per la soluzione di sistema e non si perda più tempo. Perché abbiamo consumato tutto il tempo che è consumabile, prima di perdere definitivamente la nuova credibilità riconquistata.
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