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Vada come vada dopo la pandemia quasi nulla sarà più come prima. Dalla società, ai rapporti interpersonali, all’economia, sino – ovviamente – al lavoro. È stato questo, infatti, il settore più interessato dalle misure anti contagio, dalle chiusure della primavera 2020 al super Green pass per gli over 50. In alcuni casi l’emergenza sanitaria ha accelerato processi già atto – lo smart working ad esempio – in altre ha reso necessario adottare soluzioni completamente nuove. E molto, se non tutto, ci porteremo nel mondo che seguirà il Covid. Ma come cambierà la nostra vita lavorativa?
Partiamo da un sondaggio realizzato da Variazioni – società di consulenza per il telelavoro – secondo cui cresce la percentuale di datori che sostiene di fidarsi dei propri dipendenti e collaboratori, passando dal 53% del 2020 al 70% del 2021. Oltre la metà dei manager poi (53%) ritiene che lo smart working accresca la produttività e l’89% vede nel lavoro agile un’opportunità per evitare inutili viaggi verso l’azienda quando non è necessario recarvisi. L’analisi la dice già lunga sui possibili sviluppi futuri.
A partire dal ricorso – anche a pandemia finita – allo smart working, ma in modalità ibrida, visto che la presenza in ufficio viene ancora considerata utile. Anche per il benessere del lavoratore; già, perché l’entusiasmo iniziale per la nuova dimensione domestica dell’attività professionale ha presto lasciato spazio a più di un problema: dal rischio di iperconnessione alla solitudine, passando per le difficoltà nel riuscire a conciliare la vita familiare – specie per chi ha bambini in casa – con quella lavorativa. Senza dimenticare problemi di ordine pratico, come i maggiori costi dovuti, ad esempio, al maggiore utilizzo di acqua, energia elettrica e gas.
Si tornerà anche in ufficio dunque, che però avrà un aspetto diverso rispetto al pre Covid. Ne ha parlato, a Gq, Pietro Novelli, Country manager della società di recruiting Oliver James. «Diventerà uno spazio polifunzionale, multiservizio e a disposizione del lavoratore – ha spiegato – Molto più spazio sarà destinato a zone relax, al divertimento e alle attività extra lavorative. Grande attenzione al verde, con piante e giardini. Inoltre, sempre più un occhio di riguardo sarà destinato alla sostenibilità e a evitare sprechi energetici». La creazione di ambienti confortevoli per i lavoratori è già stata sperimentata con successo da diverse multinazionali, a partire da Google.
L’obiettivo è quello di accrescere la produttività, che diventerà sempre più centrale, andando, progressivamente a sostituire l’antiquato metodo della presenza oraria. Il futuro, secondo gli esperti, è il lavoro per target che il dipendente potrà organizzare con un buon margine di flessibilità senza l’ossessione per le canoniche otto ore. Attenzione poi ai possibili sviluppi sulla settimana corta, già introdotta o sperimentata in alcuni Paesi: Norvegia, Olanda, Giappone, Islanda, Nuova Zelanda e altri. Risponderanno a una visione meno opprimente dell’attività lavorativa anche la possibilità di introdurre ore per lo sport o il tempo libero e le ferie libere, ovvero senza necessità di coordinamento con i colleghi («O ragazzi quest’anno Ferragosto è mio») e vincoli di durata. Il tutto sarà rimesso al buon senso del dipendente.
Nei prossimi anni verrà poi consolidato il meccanismo del job rotation, vale a dire la rotazione delle mansioni fra i lavoratori in modo da rispondere all’esigenza di una formazione continua più pratica che teorica. E, sul fronte del reclutamento, si apriranno definitivamente le frontiere, con un sempre maggior numero di stranieri che verranno assunti in aziende italiane. Buona notizia per il Paese, che con la crescita economica torna a far gola, meno per gli autoctoni che dovranno vedersela con la concorrenza estera. A livello generale la farà da padrona la tecnologia e i dati saranno sempre più importanti, specie nella selezione del personale.
«Le decisioni verranno prese in base a risultati e insight – ha previsto Novelli – vale a dire veri e propri consigli che l’elaborazione corretta dei dati suggerirà al business». L’innovazione richiederà profili dotati di familiarità per il digitale. E la Generazione Z, cresciuta a pane e hi tech, avrà ottime chance occupazionali in un mondo rivoluzionato dal lascito del Covid.
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