Sergio Mattarella e Mario Draghi
6 minuti per la letturaÈ davvero molto curioso che sia stato proprio un politico come Sergio Mattarella che ha maturato la sua esperienza nella repubblica dei partiti a compiere due gesti che hanno stretto nell’angolo i partiti e li costringono ora a una prova di maturità. La prima mossa: è bastato dare l’incarico a Cottarelli per fare un governo di scopo che avrebbe inciso sulla spesa pubblica perché improvvisamente due delle tre minoranze uscite dal voto si svegliassero e facessero un governo in 48 ore (Conte1). La seconda mossa: la carta estrema Draghi giocata dopo il fallimento della prova d’appello (Conte 2) che offre ai partiti l’ultima occasione di rilancio e un nuovo metodo di governo che fa recuperare credibilità al Paese. Ora la prova di maturità: il Paese ha bisogno di Draghi al Quirinale e di un governo con un programma di qualità e uomini di qualità in continuità con il governo Draghi. Questo debbono fare i partiti se vogliono salvare se stessi e rendere omaggio a Mattarella che giustamente pretende che venga rispettato ciò che lui ha costruito. Altrimenti come farebbero a presentarsi al giudizio degli elettori?
SIAMO tutti impiccati dietro una classe politica di nanerottoli che cercano un posto per sé invece che per il Paese. Siccome non hanno la forza di imporre un nome per il Quirinale differente da quello di Draghi che lo impongono la storia, l’Europa e i mercati, ognuno cerca di vendere i voti che ha o non ha per garantirsi il suo futuro.
I peones chiedono solo di rimanere lì un altro po’ perché non possono rinunciare al vitalizio, ma i loro capi fanno di peggio. Si incontrano tra di loro più o meno riservatamente fingendo di cercare l’accordo per un presidente del consiglio condiviso di alto spessore e trattano invece per chiedere contropartite per loro e i loro amici all’interno della compagine di governo. Quasi che si potesse scegliere Draghi come nuovo Capo dello Stato e disinvoltamente cancellare tutto dell’esperienza del governo di unità nazionale guidato dallo stesso Draghi. Anzi a farlo dovrebbe essere proprio Draghi.
Farebbero bene tutti loro a riflettere oggi come fecero allora uomini dei partiti del calibro di Andreotti, Pomicino, Formica sulle parole di Carli da ministro del Tesoro: abbiamo i meccanismi democratici ai quali si aggiunge ogni giorno il referendum dei mercati che è un dato di credibilità dell’Italia sui mercati internazionali e di esso ogni Paese deve tenere conto. Oggi questo dato di credibilità potremmo chiamarlo stabilità politica e tutti sappiamo che in un’Europa sempre più integrata e con il debito che ci ritroviamo il referendum dei mercati è diventato decisivo.
A fronte di tutto ciò che per fortuna è sempre più chiaro anche ai cittadini – tranne il caso di Enrico Letta che ha scelto coerentemente Draghi e il patto di legislatura dall’inizio e non molla – stiamo come stavamo con i partiti tutti anche dentro lo stesso Pd. Il centrodestra attende Berlusconi che li rinvia tutti a domenica sera intramezzando semi vertici da remoto e continua a sfogliare la margherita: dico Casellati o dico Draghi, vorrei Casellati ma non so se ce la fa, allora meglio Draghi. Salvini accetta Draghi, ma vuole una delegazione di governo più vicina a lui magari con lui dentro. Conte pure ci fa un pensierino a tornare al governo e, essendo un ex premier, si pensa subito alla Farnesina che toccando Di Maio significa maneggiare materiale nucleare. Renzi non vuole mancare di rispetto a Draghi e sa che il Paese ne ha bisogno, ma tiene coperta la carta Casini se non altro per confermarsi il king maker di sempre.
Ci sono poi mercimoni minori di subcapi Cinque stelle che fanno in proprio trattative di decine di voti su nomi coperti. Allora se le cose stanno così non vorremmo essere brutali, ma i partiti dimostrano di non avere capito proprio niente. Soprattutto dimostrano di non avere fatto tesoro della lezione ricevuta da Mattarella che ha memoria storica e ha salvato il Paese mettendoli alle corde.
È davvero molto curioso dal punto di vista storico che sia stato proprio un politico come Sergio Mattarella che ha maturato la sua esperienza nella repubblica dei partiti a compiere due gesti che hanno messo alle strette i partiti e li costringono ora a una prova di maturità senza che i loro capi neppure se ne rendano fino in fondo conto. Altrimenti, è evidente, non farebbero quello che fanno. La prima mossa di Mattarella è stata quando si è trovato a dovere fare i conti con un risultato elettorale che consegnava il Parlamento in mano a tre cospicue minoranze e non si prospettava nulla di buono. È bastato dare l’incarico a Cottarelli per fare un governo di scopo che avrebbe inciso sulla spesa pubblica perché due delle tre minoranze si svegliassero improvvisamente e facessero un governo in 48 ore. Quando anche questa esperienza è implosa per colpa di capi e capetti gialloverdi Mattarella concede loro la prova d’appello accettando di cambiare le minoranze in gioco e di fare un altro governo con lo stesso Presidente del Consiglio. Ancora una volta questi partiti implodono e è molto riduttivo pensare che sia tutta farina del sacco di Renzi. A questo punto, arriva la seconda mossa di Mattarella che li mette di nuovo alle corde. L’uomo che ha le gambe ben piantate nella Prima Repubblica gioca la carta estrema della qualità che si chiama Mario Draghi, fa quello che tutti avrebbero voluto che si facesse e offre ai partiti l’ultima occasione di rilancio che è il dividendo politico della Nuova Ricostruzione e di un nuovo metodo di governo che recupera credibilità al Paese e, quindi, indirettamente a loro. A eccezione di Enrico Letta che non a caso ha parlato di Draghi come carta estrema dal primo momento, sembrano non capire che Mattarella li ha messi tutti nell’angolo perché se non superano la prova di maturità della Presidenza della Repubblica sono finiti.
Con quale faccia e con quali argomenti, scusate, si potranno mai presentare al giudizio degli elettori? È davvero molto triste constatare che i partiti mostrano e confermano la loro scarsità. Una volta toccava a Berlinguer, a Moro, anche ai liberali con il pentapartito cambiando coraggiosamente posizionamento, oggi in questa repubblica i capi dei partiti si sono condannati a seguire i social giorno per giorno. Ripropongono il tema della delegittimazione del governo con la stessa coerenza con cui a parità di sbarchi rispetto al 2018 fanno oggi sparire il tema. Si mettano tutti l’anima in pace.
Questo Paese ha bisogno di Draghi al Quirinale e di un governo con un programma di qualità e uomini di qualità in continuità con il governo Draghi. Questo debbono fare i partiti se vogliono salvare se stessi e rendere omaggio a Mattarella che giustamente pretende che venga rispettato ciò che lui ha costruito. I partiti glielo devono e lo facciano uscire bene. Serve anche a loro.
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