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Il ministro Maria Stella Gelmini

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La strada è ancora in salita. «Ci sono 66 riforme e 102 obiettivi da raggiungere per assicurarsi la seconda e terza rata dei finanziamenti europei». Ma per la ministra agli Affari regionali, Mariastella Gelmini, un pezzo ce lo siamo già lasciato alle spalle, «il Paese può farcela» a condizione che vi sia «un rapporto di reale collaborazione con gli enti locali». Se Stato, Regioni e Comuni remeranno tutti nella stessa direzione alla fine di questo percorso ad ostacoli ci sarà il premio finale: altri 140 miliardi di euro.

La ministra, in audizione dinanzi ai membri della commissione Bilancio della Camera, ha fatto il punto sullo stato dell’arte. La classica domanda dalle cento pistole: a che punto siamo con l’attuazione del Pnrr.

Con molto realismo e senza enfasi la Gelmini ha tracciato una riga. Da una parte gli obiettivi raggiunti, dall’altra quelli che abbiamo davanti. E cosa più importante la ministra forzista ha indicato le cose urgenti da fare a sostegno delle amministrazioni locali, i soggetti più fragili, a corto di organici e competenze, perciò e a rischio. «Stipuleremo convenzioni con rilevanti società a prevalente partecipazione pubblica per sviluppare le competenze necessarie a realizzare gli obiettivi previsti dal Pnrr», ha annunciato la ministra. Verrà ampliata la possibilità di assumere personale nei Comuni. Personale qualificato per portare avanti gli specifici obiettivi del Pnrr. È prevista una convenzione con la Consip per le procedure di approvvigionamento dei servizi esterni, gli enti potranno avvalersi del supporto dell’Agenzia della Coesione.

Intorno agli enti locali si sta per stringere insomma un’alleanza trasversale. Il tormentone che da mesi sentiamo («non verranno lasciati soli») non resterà sulla carta. Alle parole – supporto, convenzioni, assunzioni – verrà dato seguito.

La priorità in questo momento è attendere le risposte della Commissione europea riguardo il lavoro fatto. Che vuol dire ottenere il primo via libera ai finanziamenti e non perdere tempo in attesa che scatti il semaforo verde anche per la seconda tranche. Alla crisi sanitaria si sta per aggiungere la “pandemia energetica”. Il caro-bollette se non scatteranno contro misure adeguate rischia di riflettersi sulla crescita. Il tema è al centro delle preoccupazioni del governo Draghi. La Gelmini ne ha parlato con il ministro alla Transizione ecologica Cingolani. La ministra ha proposto un tavolo tecnico presso la Conferenza Stato-Regioni per «rafforzare le sinergie con gli enti locali». L’obiettivo è incentivare la realizzazione di energie rinnovabili per «andare oltre il 40% di fabbisogno energetico». Per farlo bisogna però, secondo la Gelmini, non basta aumentare la produzione da fonti alternative, fotovoltaico, eolico, idroelettrico. Vanno snellite le procedure, smantellata la burocrazia che si cela dietro le «autorizzazioni». E questo sarà possibile solo attraverso un «raccordo più forte con le Regioni».

In una parola, ma questo la ministra non lo ha detto e visto il suo ruolo non poteva dirlo, la burocrazia regionale è un freno a mano tirato. Se alle lentezze degli enti locali aggiungiamo quelle dei ministeri ecco allora la palla al piede che mette a rischio l’effetto balsamico che potranno produrre gli investimenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.

L’audizione della ministra in Commissione bilancio era particolarmente attesa per fare il punto della situazione. Far venire a galla gli eventuali ritardi e capire in che modi Regioni e Comuni si sono attrezzati per realizzare i progetti. Ebbene, la Gelmini, senza entrare nello specifico, ha confermato i 51 obiettivi indicati da Bruxelles e raggiunti, una tappa importante, già rivendicata dal premier Mario Draghi nella conferenza di fine anno. Senza la messa a terra dei progetti la fase realizzativa e pratica, tutto resterebbe sulla carta. Il classico gagliardetto di latta da puntare sul petto.

Dietro ogni progetto c’è la vita reale delle persone. «Abbiamo fortemente lavorato per quanto riguarda la connessione delle piccole isole – ha tenuto a precisare la titolare del dicastero agli Affari regionali – avendo riscontrato un deficit di connessione e di infrastruttura digitale che ha penalizzato non solo il turismo ma anche il diritto di cittadinanza di chi risiede nelle piccole isole. E abbiamo anticipato al 2022».

L’immagine è quella di un Paese in grave ritardo che ora prova rincorrere la ripresa. Con tante incognite e fragilità. Le comunità montane e i comuni delle aree più interne del Paese rientrano a pieno titolo in questa categoria. Piccoli comuni, con un personale ormai prossimo alla pensione sotto organico. Persino la figura del segretario comunale, popolare almeno quanto il medico e il parroco del Paese, in alcune zone è a rischio estinzione. La Gelmini ha auspicato la rapida approvazione da parte del Parlamento della legge quadro sulla montagna. «Entro novembre verranno ripartite le risorse finanziarie alle 30 green communities selezionate, che dovranno affidare i lavori per la realizzazione dei propri piani e poi svolgere i lavori da concludere entro il 2026».

Fin qui la relazione di ieri mattina di Mariastella Gelmini. I fondi del Pnrr però fanno gola. In contemporanea con l’audizione della ministra, il procuratore generale presso la Corte d’Appello di Napoli, Luigi Riello, nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2022, lanciava un allarme: «E’ un appuntamento al quale non possiamo farci trovare impreparati come fu per il terremoto del 1980: serve una cabina di regia per aggredire gli appetiti famelici dei clan».           


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