X
<
>

Share
4 minuti per la lettura

MATERA – È inutile preoccuparsi di tracciamento e contagi, perché in Basilicata è ormai tutto allo sbando, o meglio affidato solo al senso di responsabilità del cittadino. Scoprire o avere il sospetto di essere positivi al Covid, oggi rappresenta l’inizio di un calvario drammatico, per certi versi anche assurdo e paradossale.

Lo conferma il caso di una famiglia materana: padre, madre operatrice sanitaria e due figli di 11 e 7 anni. Mercoledì scorso, il figlio più grande si sveglia con un malessere diffuso: dolori alle articolazioni, mal di gola, forte emicrania e temperatura a 37.7. Tutti i sintomi del Covid e della variante Omicron. La madre procede subito ad effettuare un tampone rapido in casa, non facendo prudenzialmente uscire il bambino con quei sintomi. L’esito è chiaro quanto prevedibile: il bambino è positivo al Covid, probabilmente per un contatto a scuola, dove risulta anche un altro compagno contagiato.

I genitori attivano subito l’iter per il tampone molecolare attraverso la piattaforma, in modo da avviare quarantena e tracciamento, preoccupandosi di inserire anche sé stessi ed il figlio più piccolo come contatti stretti, pur essendo ancora tutti senza sintomi. La pediatra e la dottoressa di famiglia procedono tempestivamente: in mattinata sono già tutti in attesa della chiamata dalle Usco. Nel frattempo vengono informate le due scuole, perché possano premunirsi.

Quindi inizia il calvario, che mette a dura prova il senso di responsabilità ed il civismo dei tre componenti ancora non certi di essere contagiati. Si mettono in rigoroso isolamento fiduciario (anche la madre sanitaria con dose booster), attendendo con altrettanta fiducia una chiamata, che dovrebbe arrivare nelle 48 ore successive. Invece passa una settimana, e nessuno chiama ancora questa povera famiglia, con un figlio positivo sintomatico isolato nella propria stanza. Una situazione di sofferenza per il bambino e per il resto della famiglia, costretta a girare in casa con la mascherina, per non peggiorare una situazione già delicata.

Passano i giorni, da mercoledì 12, si arriva drammaticamente a martedì 18 gennaio, senza che nessuno si faccia vivo per acclarare e formalizzare la situazione dell’unico positivo sintomatico ancora isolato, e dei suoi contatti strettissimi, che teoricamente, se non avessero avuto senso di responsabilità, avrebbero potuto girare indisturbati per la città, senza che nessuno potesse vietarglielo, non avendo ancora fatto il tampone molecolare, che andava garantito entro 48 ore. Al danno si aggiunge la beffa, perché ieri mattina la madre, che si è prudenzialmente ritirata in malattia dal lavoro, viene chiamata dal suo ufficio per fare il tampone rapido periodico, come prassi per i sanitari.

Dopo poche ore, le viene comunicato il risultato, ma in via informale: è positiva al Covid. Scatta un nuovo allarme, anche se fino a tarda sera la donna non riceve nulla di ufficiale circa la sua positività, né vi è certezza che almeno la sua posizione venga inserita sul portale regionale per la decorrenza della quarantena, stabilita in 7 giorni per i vaccinati con terza dose. Ancora un paradosso: la donna rischia di doversi presentare oggi al drive-in dell’ospedale, per rifare un tampone molecolare a 24 ore dal primo, solo perché si possa inserire in piattaforma. Intanto dall’Azienda sanitaria non le arriva la comunicazione ufficiale della sua positività, quindi da oggi avrebbe potuto addirittura tornare al lavoro.

Una situazione a dir poco kafkiana, che si aggiunge a quella altrettanto drammatica degli altri tre componenti della famiglia, compreso il sintomatico, guarito ma forse ancora positivo. Nessuno di loro è stato chiamato per il tampone molecolare, quindi per la piattaforma regionale dei positivi in quarantena, i due “potenziali positivi”, padre e figlio di 7 anni, non esistono e potrebbero tranquillamente passeggiare per la città. Sì, perché isolamento fiduciario non può e non deve significare quarantena a prescindere, ma solo senso di responsabilità per lo stretto tempo necessario al tampone. Insomma, una situazione tollerabile per 2-3 giorni, non certo per più di una settimana, se si considera che: 1) Solo dopo il tampone, se si è positivi scatta la “quarantena legale”; 2) Se passano molti giorni dalla segnalazione del contatto con il positivo, la persona asintomatica potrebbe anche guarire e negativizzarsi, non prima di aver potuto infettare inconsapevolmente altri.

A questo si aggiunga il dramma di bambini costretti alla didattica a distanza per tanti giorni, senza neppure sapere se siano positivi. Una storia esemplare di quanto sta avvenendo in Basilicata, dove oltre ottomila persone attendono ancora la prima chiamata. Il sistema dei tamponi e del tracciamento è letteralmente saltato in aria, anche per questo i contagi galoppano.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE