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PRENDERÀ il via il prossimo febbraio il processo, davanti al giudice monocratico Rossino del Tribunale di Potenza, il processo a carico di  Catherine Sharon Holdrick, la conduttrice Mediaset Barbara D’Urso, il direttore della trasmissione Claudio Brachino, il direttore di Rai Tre Andrea Vianello e altre tre persone, Claudio Cecere, Giuseppe Leopizzi – chirurgo plastico intervenuto alle trasmissioni, che espresse dubbi infamanti sulla professionalità e sul modo in cui il dottor Fabrizio era diventato primario –  e Andrea Buondonno rinviati a giudizio dal Gip Rosa Larocca.

Per loro l’accusa è di «Diffamazione a mezzo della televisione».

Sul capo di Barbara D’Urso e di Catherine Sharon Holdrick  pende anche la spada di Damocle del Tribunale di Trento che il prossimo 24 settembre dovrà emettere la sentenza per diffamazione a mezzo stampa per quanto riportato dalla conduttrice di Canale 5 nel suo libro “Più forti di prima”. Sia la D’Urso che e la signora Holdrick sono, infatti, già  state rinviate a giudizio.

Parte lesa in entrambi i processi il dottore Tommaso Fabrizio – difeso dall’avvocato Giorgio Cassotta – oggi direttore del reparto di “Chirurgia plastica” al Crob di Rionero,  finito, nel 2004,  nel tritacarne mediatico «ingiustamente». Lo dicono le sentenze.  Dieci anni di gogna mediatica fino a quando lo scorso febbraio la Corte di Cassazione, confermando le sentenze di primo e secondo grado, ha messo definitivamente fine – “perché il fatto non sussiste” –  a una storia, “bollata come caso di malasanità”, che tutto era tranne che quello che la signora Catherine Sharon Holdrick è andata denunciando per anni in televisione.  E così dal 2004 il dottore Tommaso fabbrizio, all’epoca dei fatti primario del reparto di chirurgia plastica dell’ospedale Campo di Marte di Lucca non solo è stato processato in tribunale ma soprattutto in televisione.

I giudici lo spiegano nella sentenza con cui hanno assolto lui e condannato la donna che l’aveva denunciato chiedendogli un risarcimento danni per un ammontare  di 500.000 euro . Ora, dopo anni, le parti sono invertite. Il chirurgo del Crob  oggi è parte offesa. Ed è lui che ha chiesto di essere risarcito: un milione di euro per il processo che si terrà a Potenza e un milione per quello in corso a Trento.

I fatti

Il 12 febbraio del 2010 Andrea Vianello allora conduttore di “Mi manda Rai 3” organizzò un’intera puntata della sua trasmissione  per dare spazio ad una signora di La Spezia, Catherine Sharon Holdrick, che aveva trascinato in tribunale chirurgo Dot Tommaso Fabrizio, lamentando supposte lesioni personali per un intervento di chirurgia ricostruttiva a cui si era sottoposta nel 2001.

Il conduttore, che durante l’intera trasmissione non risparmiò violentissimi attacchi nei confronti del dottore, nel presentare  la puntata, rivolgendosi a tutti i telespettatori, disse: “ Questa sera vi parleremo di un caso che vi farà indignare, sono sicuro che vi farà indignare”.

Eppure da un punto di vista giudiziario il caso era ancora al primo grado di giudizio presso il Tribunale di Lucca, ben lungi dall’essere prescritto, a differenza di quanto fecero intendere, il medico non era  ancora stato sentito dal giudice e  i periti del Tribunale non avevano ancora espresso il loro parere in merito. Nonostante ciò, ormai per Vianello, la paziente, il marito Claudio Cecere, l’avvocato della paziente, Andrea Buondonno e gli altri intervenuti alla trasmissione, il   Fabrizio era già stato giudicato colpevole – la donna lo aveva denunciato per lesioni colpose – e doveva essere condannato.

 La signora Holdrick, non contenta dell’audience avuta su Rai 3 ha poi cominciato a fare il cosidetto “giro delle sette chiese” passando da una trasmissione all’altra   approdando per ben tre volte,  a cadenza quasi  mensile (18 febbraio 2010,  31 marzo 2010 e il 23 aprile 2010) a “ Pomeriggio 5”, la trasmissione Mediaset condotta da  Barbara D’Urso che non esita a dargli del «pazzo» a dirgli di vergognarsi e a domandare retoricamente come « faccia a operare ancora». Tutto questo facendo credere, in base al racconto di pazzo… vieni  a difenderti.. ma come fa ad operare ancora?” e sempre  e comunque dando larghissimo spazio al racconto di  Catherine Sharon Holdrick che, ha spacciato gli interventi a cui si è sottoposta, come interventi di chirurgia estetica .

Cosa è accaduto

Nel 2004   Catherine Sharan Holdrick, nata in Germania e residente alla Spezia  trascinò Tommaso Fabrizio , quando era primario di chirurgia plastica a Lucca, in Tribunale per   lesioni colpose  a  in seguito ad un intervento di chirurgia ricostruttiva.  Alla donna, affetta da anni da una patologia autoimmune, era stata anni prima, da un’altra equipe medica, impiantata  una protesi all’anca destra.

Purtroppo tra la protesi e il gluteo i tessuti non si erano ricostruiti. E quella protesi prima o poi sarebbe venuta allo scoperto con gravi rischi per la donna. Catherine Sharan Holdrick si rivolge a quel primario del “Campo di Marte di Lucca” – primario segnalatole con un bravissimo professionista – che procede alla ricostruzione del tessuto. Quattro gli interventi. E tanti i punti di sutura necessari. «Il problema estetico non è stato risolto, anzi è stato aggravato da vistose cicatrici». Ebbe a dichiarare la donna in un articolo pubblicato  dal “Tirreno” nel febbraio del 2010. Peccato che Catherine Sharan Holdrick abbia fatto passare per intervento estetico un’operazione che serviva a scongiurare la necrosi dell’anca.

 Nel 2010 il Tribunale monocratico di Lucca assolve  Fabrizio con formula piena: “Perché il fatto non sussiste”. La Corte di Appello di Firenze due anni dopo conferma la sentenza di primo grado e rigetta  il ricorso della Holdrick  condannandola al pagamento di tutte le spese legali.

L’11 febbraio dello scorso anno  la Quarta  sezione penale della Cassazione  rigetta l’ennesimo ricorso della donna, conferma la sentenza di assoluzione e conferma il pagamento delle spese legali a carico della ricorrente.  Ora la signora Holdrick dovrà rispondere delle sue azioni di fronte al Tribunale di Potenza la cui prima udienza è fissata per il prossimo 6 febbraio in associazione con  Andrea Vianello, Barbara D’Urso, Andrea Buondonno, Claudio Cecere, Giuseppe Leopizzi e, per diffamazione e concorso in diffamazione a mezzo stampa, in associazione con Barbara D’Urso, presso il Tribunale di Trento, la cui udienza è fissata per il 24 settembre 2014.

 A dispetto di quel che le trasmissioni vollero far credere, non si trattò di malasanità e, tantomeno, di malagiustizia. Ora i giudici di Potenza e Trento sono chiamati a verificare e a giudicare se vi è stata mala-informazione.

Nel frattempo, però, il dottore Tommaso Fabrizio ha dovuto lasciare Lucca – «Se giravo per strada venivo additato come il “mostro” che aveva rovinato la vita a una donna» – non tanto «per me ma per tutelare mia moglie e i mie figli» visto che «la nostra vita era diventata un inferno» e trasferirsi a Rionero dove oggi lavora e dove, insieme alla famiglia, ha ritrovato la serenità che gli era stata sottratta.

Tommaso Fabrizio – chirurgo plastico molto stimato e  all’epoca dei fatti tra i primari più giovani d’Italia – ora dirige il reparto di “Chirurgia plastica” del Crob dove opera «come ho sempre fatto e come continuerò a fare» perché «amo il mio lavoro» e sono del parere che «sia giusto pagare se si sbaglia» ma essere additati come «mostri» per un qualcosa «che non si è commesso non dovrebbe accadere».

a.giammaria@luedi.it

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