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Non c’è pace per il Piano casa della Puglia, che rischia nuovamente di essere impugnato dal governo nazionale ed essere cancellato dalla Corte costituzionale. Una eventualità che ha messo in allarme l’intero settore edile, preoccupato per le possibili ripercussioni negative. Cosa è successo? L’ufficio legislativo del ministero della Cultura ha trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei ministri un lungo documento, 20 pagine zeppe di rilievi sulla legge regionale numero 38 del 30 novembre 2021 («Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale») e sulla legge regionale 33 del 15 novembre 2007 («Recupero dei sottotetti, dei porticati, di locali seminterrati e interventi esistenti e di aree pubbliche non autorizzate»).

Lettera che sembra anticipare una impugnazione. Lo scorso novembre, il Piano casa regionale è stato prorogato per tutto il 2022, contestualmente sono state apportate modifiche alla legge regionale in materia di recupero dei sottotetti, dei porticati, dei locali seminterrati, prorogando al 30 giugno 2021 la data entro cui siano stati realizzati gli immobili ai fini del recupero volumetrico. Il Piano casa fu approvato per la prima volta dal governo nazionale nel 2009: prevede la possibilità di ampliare le volumetrie dei palazzi – dal 20 al 35 per cento – per gli imprenditori che vogliano demolire vecchi fabbricati e ricostruire sullo stesso lotto, in particolare edifici residenziali. Una norma molto apprezzata dal settore edile, perché permette di aprire cantieri ed effettivamente è uno strumento che ha contribuito a risollevare il comparto, creando nuovi posti di lavoro anche.

Non a caso dal 2009 il Consiglio regionale pugliese lo ha prorogato più volte, con continui allargamenti delle maglie. Proroghe che però negli anni sono state impugnate dal governo, alcune delle quali giudicate incostituzionali, costringendo il Consiglio regionale a modifiche continue della norma. E il nodo è proprio questo, che ormai da 13 anni la Puglia non riesce a costruire un testo unico sull’edilizia che sostituisca le continue proroghe, non ben viste dal governo nazionale. «A più di 10 anni dall’emanazione della legge regionale pugliese sul piano casa – si legge nel documento del ministero della Cultura – la Regione interviene ora con le norme richiamate al fine di prorogare la portata di misure straordinarie per un ulteriore anno, estendendone inoltre l’applicabilità anche a edifici di recentissima costruzione.

Il legislatore regionale, sostanzialmente, consente a priori interventi edilizi di ampliamento volumetrico in deroga agli strumenti urbanistici pur in assenza delle finalità sociali e ambientali perseguite dalle norme statali assentendo premialità gratuita e fine a sé stessa. Anche di recente, peraltro, il Giudice amministrativo ha sottolineato “l’indole eccezionale” dei benefici discendenti dal cosiddetto “piano casa”». Insomma, da strumento di urgenza e temporaneo si è trasformato, come spesso avviene in Italia, in qualcosa di permanente. La lettera del ministero della Cultura prelude ad una impugnazione della legge regionale da parte del governo davanti alla Corte Costituzionale.

«Le strutture burocratiche dei ministeri della Cultura e delle Infrastrutture – interviene il consigliere del Pd, Fabiano Amati, tra i principali sostenitori del Piano casa, tanto da essere stato il promotore della legge e delle sue proroghe – intendono proporre l’impugnativa del Piano casa dinanzi alla Corte costituzionale, anche della semplice proroga, con motivazioni ideologiche e alquanto discutibili. Noi abbiamo fatto tutto il possibile e per diversi anni, ora tocca ai parlamentari battere un colpo e far valere le ragioni di un comparto essenziale per la crescita economica della Puglia e del Paese. Altrimenti torneremo alle stagioni di crisi di quel comparto ad altissima densità di posti di lavoro e alle stagioni buie dell’edilizia con il cappello in mano, cioè quella fatta ingraziandosi il sindaco, gli uffici tecnici e avendo cura di incaricare il professionista più alla moda nei salotti della pianificazione territoriale, cioè la disciplina conservatrice e reazionaria che mira a imporre e omologare la vita delle persone attraverso l’urbanistica».

Amati contesta i rilievi del ministero: «La frase chiave della proposta d’impugnativa – sostiene – confessa un chiaro intento anti-produttivo e ideologico della burocrazia ministeriale: ‘Il legislatore regionale, sostanzialmente, consente a priori interventi edilizi di ampliamento volumetrico in deroga agli strumenti urbanistici pur in assenza delle finalità sociali e ambientali perseguite dalle norme statali assentendo premialità gratuita e fine a se stessa’. Mi pare che attraverso questa frase e utilizzando il Piano casa, si intenda raggiungere un progetto ideologico, fondato sul paesaggio come leva per riportare in auge le dottrine sui più totalitari modelli di sviluppo e sulla lotta di classe; escludere la finalità sociale del lavoro attraverso una contestazione aperta ai concetti chiave della domanda e dell’offerta; ignorare le necessità di ripresa economica che il Paese ha, salvo che non sia sostenuta con la spesa pubblica».

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