Domenico Pinelli, Anna Ferrajoli Ravel e Mario Autore in un'immagine promozionale del film
4 minuti per la letturaARRIVA su Rai Uno in prima serata, questa sera, 30 dicembre, “I fratelli De Filippo”, il film di Sergio Rubini che racconta la nascita e la formazione artistica dei fratelli Eduardo, Peppino e Titina, i loro primi passi verso quella che sarà la consacrazione a mostri sacri della cultura e del teatro italiano.
Il film era uscito per tre giorni al cinema a metà dicembre e aveva attirato la curiosità di diversi appassionati. Il tam tam sui social e le ospitate a ripetizione nei maggiori programmi televisivi del regista e dei tre giovani protagonisti hanno ulteriormente gonfiato l’attesa.
Il film merita di essere visto, per diversi motivi. Intanto perchè segna un primo passo della narrazione di Eduardo uomo, attore e autore, fin qui solo raccontato dagli studiosi specializzati, da qualche biografia (quella di Maurizio Giammusso è un “must”) e da qualche raro documentario (su Raiplay è disponibile quello in cui Eduardo spiega Napoli a Zeffirelli, per esempio). E’ invece la prima volta che un strumento dalla vasta popolarità come il cinema racconta uno dei più grandi autori del Novecento italiano, e lo fa spogliando, una volta per tutte, il mito dalla sua presunta intoccabilità rendendolo accessibile a tutti (rivedere le recenti e feroci critiche per le operazioni Castellitto e Ranieri per capire di cosa stiamo parlando)
Forse è anche questo il motivo per il quale Rubini ha scelto tre attori molto giovani, sconosciuti al grande pubblico, e che per motivi anagrafici non sono cresciuti “nel mito” ma si sono avvicinati ai rispettivi personaggi col rispetto e la “terzietà” che si deve a tutti i personaggi. Mario Autore (Eduardo), Domenico Pinelli (Peppino) e Anna Ferraioli Ravel (Titina) sono tre giovanissimi attori alla prima importante prova della loro carriera, una di quelle che “segna” una carriera stessa. La loro freschezza, la loro genuinità, è uno dei punti forti del film. “Io a teatro non ho mai fatto Eduardo” ha dichiarato più volte Mario Autore. Una piccola nota: Domenico Pinelli ha un profilo allungato che lo avvicina più a Totò che a Peppino.
Il fatto che intorno ad essi, poi, ruotino, con piccoli ruoli, attori che hanno frequentato Eduardo e che lo hanno conosciuto, innesca un meccanismo di suggestione, che non può passare inosservato. Da Vincenzo Salemme a Maurizio Casagrande, da Giovanni Esposito a Marisa Laurito si resta colpiti dalla partecipazione di chi con Eduardo ha condiviso pezzi di carriera e ora si ritrova nella finzione scenica a tu per tu con l’antico maestro da tenere a battesimo. La scena a inizio film in cui i gestori del teatro Kursaal incoraggiano il giovane Eduardo poco prima di debuttare con “Natale in casa Cupiello” è tra le più emozionanti di tutto il film.
Sul resto del cast, poi, chiaramente giganteggia l’Eduardo Scarpetta di Giancarlo Giannini ma merita menzione speciale il Vincenzo Scarpetta di Biagio Izzo: Rubini disegna per quest’ultimo il classico ruolo dell’antagonista dell’intera vicenda. Izzo fornisce quella che in genere negli attori si definisce “una prova di maturità”. In una parola, è perfetto nell’inedito ruolo di cattivo, un nel quale dimostra di possedere pure corde di attore fin qui inedite.
Ancora. Rubini ci consegna tre fratelli che partendo da una condizione familiare difficile decidono di investire tutto sul loro talento riuscendo piano piano a imporsi tra difficoltà che non mancano e che per la verità non sono tanto diverse dalle difficoltà con le quali è costretto a misurarsi, anche oggi, chiunque voglia fare impresa culturale, e soprattutto al Sud. Il messaggio che rimane è che credendo nei propri mezzi ce la si può fare nonostante i ripetuti fallimenti iniziali e i bastoni tra le ruote di chi si oppone a qualcuno che si propone come il nuovo che avanza, forte solo della propria passione e del proprio talento. E questo succede anche oggi, proprio come successe ai De Filippo nella Napoli degli anni Venti del Novecento.
Il resto, poi, lo fa la leggenda che, da sempre, si è nutrita sugli umori e sulle carriere dei tre De Filippo. I successi, le cadute, le liti, i malumori, le divisioni, gli strappi: esiste un’ampia letteratura sui rapporti quasi sempre tormentati tra Eduardo e Peppino. Il film di Rubini ha anche il pregio di spiegare i due punti di vista senza prendere le parti dell’uno o dell’altro. Eduardo voleva un teatro nuovo, diverso, sulla scia di quello di Pirandello, e che soprattutto rompesse la tradizione delle frase scarpettiane, intuendo che probabilmente avessero i minuti contati. Peppino, invece, trovava più conveniente rimanere proprio nella scia del teatro di famiglia, quello degli Scarpetta, e continuare quindi a giocare in una squadra vincente e che, in quegli anni, continuava a soddisfare i gusti del pubblico, garantendo, a quegli attori, il non trascurabile vantaggio della sicurezza economica.
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