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Il presidente del Consiglio Mario Draghi

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Mario Draghi è Mario Draghi. È un unicum assoluto. A nostro avviso è interesse degli italiani che una personalità con il profilo internazionale di Draghi guidi il Paese dal gradino più alto e ne sia garante verso l’interno e verso l’esterno per un periodo lungo di sette anni.  I partiti lo candidino tutti insieme e si dimostrino capaci di cogliere l’occasione di un salto di qualità nella leadership di governo che è il banco di prova più impegnativo del loro cambiamento.  Ma se la classe politica dei partiti italiani non è in grado di esprimere concordemente un altro presidente del Consiglio che faccia propri la visione, il metodo, lo spirito dell’esecutivo di unità nazionale guidato da Draghi non c’è nessuna possibilità concreta di fare la Nuova Ricostruzione

Se un Paese è costretto a constatare che ha una sola chance per avere un presidente del Consiglio in grado di gestire una contingenza storica eccezionale, allora questo Paese non ha futuro. Se succede che un Paese in dieci mesi è tra i primi nella campagna di vaccinazione, consegue tassi di crescita da miracolo economico, centra i cinquantuno target del Piano nazionale di ripresa e di resilienza e deve constatare che tutto questo è legato a un uomo, vuol dire che questo Paese non è diventato un Paese normale, meglio, non si è neppure messo in cammino per diventare un Paese normale.

Se la classe politica dei partiti italiani non è in grado di esprimere concordemente un altro presidente del Consiglio che faccia propri la visione, il metodo, lo spirito dell’esecutivo di unità nazionale guidato da Mario Draghi non c’è nessuna possibilità concreta di fare la Nuova Ricostruzione. Se governo, amministrazioni centrali, Regioni, Comuni si muovono insieme per fare un Piano nazionale di ripresa e di resilienza che è il cuore del new deal italiano e centrano tutti gli obiettivi della prima fase, ma alla prova dei fatti come soggetti attuatori per non fallire hanno bisogno di un solo uomo che li guidi da Palazzo Chigi e non ritengono che ci sia nessuno che possa sostituirlo, allora deve essere chiaro a tutti che l’esperimento è fallito.

Se i partiti non riescono a capire che il sentiero tracciato di cambiamento della amministrazione centrale e territoriale e di riforme di struttura a partire da quella della giustizia è un sentiero obbligato e che il bene prezioso della stabilità è nelle loro mani e che devono viverlo come una sfida a fare gioco di squadra, è bene che sia chiaro a tutti che questo Paese di strada ne farà davvero poca. Il Paese cambia se cambia la sua classe politica e amministrativa e questa sfida i partiti la vincono esprimendo leadership di governo, non quella di chiacchiere al bar o della compagnia di giro del talk. La crescita che ci permette di ripagare il debito si fa con la fatica delle riforme e il coraggio di agire che sono l’espressione massima della politica. Così è sempre, così è ancora di più nei giorni duri della pandemia globale e del nuovo ’29 mondiale.

Diciamoci le cose come stanno. Mario Draghi è Mario Draghi. È un unicum assoluto. Perché in Europa è l’uomo che ha salvato l’euro e ne esprime la leadership politica riconosciuta. Quando rifiutò (“onorato non disponibile”) l’offerta di presiedere la Commissione europea e volle chiudere il suo mandato alla guida della Banca centrale europea, ricordo che tra me e me feci un pensiero dissacrante: ma quale presidente? Se Draghi lo fanno capo degli uscieri il centralino dell’Europa per chiunque sia l’inquilino della Casa Bianca sarà quello del capo degli uscieri!

Draghi è Draghi. Perché quando parla lo capisci. Perché ci mette trenta secondi per dire e fare capire bene quello che in dieci minuti politici e giornalisti italiani dicono senza farsi capire. Perché unisce l’intelligenza politica alla conoscenza delle cose. Perché il mondo tutto questo glielo riconosce e ciò vale per lui e, di riflesso, anche per noi.

A nostro avviso è interesse degli italiani che una personalità con il profilo internazionale di Draghi guidi il Paese dal gradino più alto e ne sia garante verso l’interno e verso l’esterno per un periodo lungo di sette anni che è quello sufficiente per regalare al Paese il suo secondo grande miracolo economico. All’interno perché il cambiamento si nutre di scelte condivise effettive e in quella posizione di garante Draghi può essere molto utile affinché il processo di cambiamento dei partiti, di governo, di amministrazione si realizzi compiutamente. All’esterno perché la reputazione di Draghi che ha cambiato l’accoglienza internazionale dell’Italia si nutre della sua storia di salvatore dell’euro ma anche di quello che è riuscito a fare in questi dieci mesi di governo di unità nazionale e tutti nel mondo avvertiranno la sua guida del Paese dalla Presidenza della Repubblica come la massima garanzia del cambiamento in atto.

A questo punto, per i partiti il bivio è stretto. Vogliono che il nuovo De Gasperi, Mario Draghi, lo sia addirittura in modo compiuto guidando più governi come fece lo statista tentino nel Dopoguerra? Allora escano dall’ombra e prendano l’impegno pubblico che il loro candidato a guidare la lunga stagione della Nuova Ricostruzione è Mario Draghi. Non lo vogliono fare, come riteniamo e forse è anche giusto, e allora lo candidino tutti insieme alla presidenza della Repubblica e lo facciano votare al primo scrutinio e si dimostrino capaci di cogliere l’occasione di un salto di qualità nella leadership di governo che è il banco di prova più impegnativo del loro cambiamento.

Quello che non possono fare è eleggere un presidente della Repubblica a maggioranza e fare finta di proseguire con il governo di unità nazionale guidato da Draghi e concepito dalla lungimiranza di Mattarella. Tutto è consentito meno che giocare con la carta estrema Draghi perché lo stesso credito che abbiamo conquistato nel mondo in poco tempo grazie a lui verrebbe ritirato all’istante. Ascoltate, riflettete e decidete, cari partiti, sulle parole di Draghi.  Di fronte alla pandemia che riprende, con la necessità di essere presenti e ascoltati in Europa e con la domanda di un Paese che vuole essere guidato, non c’è più spazio per i contorcimenti dei partiti. È arrivato il momento delle scelte. Vogliamo dirlo chiaro e semplice.


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