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Mario Draghi e Jean-Claude Trichet nel 2011

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Perché non rimandare a domani ciò che non riusciamo a fare oggi dopo averci tanto provato? Sono trascorsi più di dieci anni e sono stati anni pesanti e difficili.

Era il 5 agosto 2011 quando Il Corriere della Sera pubblicò una lettera sottoscritta da Mario Draghi e da Jean-Claude Trichet (in attesa di passarsi la staffetta alla Bce) in cui veniva indicata la terapia d’emergenza per un Paese prossimo alla bancarotta con uno spread (un problema ora sotto controllo per le ragioni che sappiamo) che danzava a cavallo dei 500 punti e con tassi d’interesse che si stavano avvicinando a grandi passi verso quell’8% considerato insostenibile da Bankitalia.

I PENSIONAMENTI ANTICIPATI

Tra le prescrizioni ve n’era una che il governo Berlusconi non riuscì neppure a ipotizzare per l’opposizione della Lega, risoluta a difendere le pensioni dei bravi lavoratori padani, entrati in giovane età nel mercato del lavoro e pronti, non ancora sessantenni, grazie alla possibilità di avvalersi del pensionamento anticipato di anzianità per conseguire il quale era sempre rimasta aperta una via d’uscita non gravata da requisiti anagrafici insieme a quello contributivo.

Già, le pensioni: croce per i conti pubblici, delizia per i baby boomer maschi settentrionali (o pubblici dipendenti) che, facendo valere (non è una colpa!) lunghe e stabili carriere lavorative, potevano anticipare l’età effettiva alla decorrenza della pensione proprio quando la vita si allungava, quasi vi fosse un cuneo anagrafico che periodicamente si allargava, aumentando gli anni di riscossione dell’assegno.

Nella lettera del 5 agosto l’anomalia del nostro sistema pensionistico veniva denunciata senza giri di parole: «È possibile intervenire ulteriormente nel sistema pensionistico, rendendo più rigorosi i criteri di idoneità per le pensioni di anzianità e riportando l’età del ritiro delle donne nel settore privato rapidamente in linea con quella stabilita per il settore pubblico, così ottenendo dei risparmi già nel 2012».

LA SOLUZIONE TRANSITORIA

Le vicende di questi anni sono note: la riforma Fornero, la cancellazione della modesta penalizzazione economica per chi si ritirava anticipatamente prima dei 62 anni, la messa in scena degli esodati (divenuti, attraverso 9 sanatorie, circa 200mila, posti in condizione di avvalersi delle regole previgenti la riforma con un minor risparmio tra gli 11 e 12 miliardi), fino all’arrivo al governo della coalizione verde-gialla, con Matteo Salvini che, dopo aver condotto una campagna di menzogne contro la riforma del 2011 e la persona del ministro,  ha scambiato quota 100 con l’introduzione di quel RdC che ora vorrebbe abolire.

Di quota 100 (che ora se ne va a fine anno) possiamo solo confermare quanto ha certificato  il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, evidentemente pentito di aver retto il sacco all’operazione: la prestazione imposta da Matteo Salvini con l’accordo del M5S è stata utilizzata prevalentemente nel pubblico impiego, dai percettori di redditi medio-alti, da uomini residenti nelle regioni settentrionali, comunque in numero inferiore alle previsioni e, soprattutto, non è emerso che gli esodi anticipati abbiano sortito un effetto sostitutivo apprezzabile tra anziani in uscita e giovani in entrata.

Quota 100 era una deroga temporanea e sperimentale (insieme al blocco dei requisiti dell’anzianità ordinaria che restano così fino a tutto il 2026); alla sua scadenza il sistema rientra nei binari della riforma Fornero. Per attutire l’impatto il governo ha introdotto, a valere per il solo anno prossimo, quota 102 (ovvero 64 anni di età + 38 di anzianità contributiva); si vede subito che si tratta di una soluzione transitoria, che dovrà essere sistemata attraverso un intervento più organico, per rimetterlo in sicurezza dopo le misure di destabilizzazione subite negli ultimi anni.

IL CALENDARIO DEL GOVERNO

Così, governo e sindacati – dopo una serie di colloqui tra sordi – hanno deciso di incontrarsi ieri. Infatti, incurante della proclamazione dello sciopero generale, Draghi ha voluto seguire il programma precedentemente concordato, all’interno del quale era previsto un negoziato per una possibile riforma, che sarebbe partito già a dicembre per concludersi a marzo. Non poteva che diventare l’ennesima ricerca del tempo perduto: ovvero un incontro da calendario che definisce il calendario.

«Si è deciso di aprire finalmente il cantiere per discutere della riforma della legge Fornero. Con tre confronti: sulla flessibilità in uscita, sulla previdenza per giovani e donne e sulla previdenza complementare. Abbiamo concordato il metodo» ha dichiarato il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, al termine dell’incontro a Palazzo Chigi sulle pensioni, spiegando che il confronto partirà dopo Natale e domani arriverà il calendario dal governo.

«Dobbiamo dare priorità a giovani e donne», ha aggiunto Luigi Sbarra. Non era sufficiente una telefonata?    


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