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L'interno del Teatro Petruzzelli

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Fino all’ultimo avevano forse sperato in un ripensamento. Ma niente da fare. Tutti i soggetti chiamati in causa hanno confermato la linea del rigore, già preannunciata. E così alla famiglia Messeni Nemagna non è rimasto che far mettere a verbale «la nostra presenza e l’altrui assenza».

Alcuni eredi del teatro Petruzzelli all’incontro di ieri disertato dalla parte pubblica

Nell’ordine quella di Presidenza del Consiglio dei ministri, Regione Puglia, Comune, Città metropolitana e Fondazione. Cala definitivamente il sipario sulla possibile mediazione attorno al futuro, ogni giorno più incerto, del Petruzzelli di Bari. Ieri l’ennesimo passaggio a vuoto con la diserzione in massa della parte pubblica, chiamata in ballo dai legali degli eredi del politeama per tentare di trovare una transazione.

Sotto l’ombrello giuridico dell’istituto di mediazione Aequitas in via Putignani (peraltro, fatto curioso, proprio lungo la strada che a pochi metri porta al teatro in corso Cavour) nel tentativo di mettere ordine alle ultime sentenze che hanno ribaltato la travagliata storia di questo pezzo della città.

Secondo i giudici della Corte di Appello, il teatro appartiene ai privati sin dal 2009, anno della riapertura dopo i lunghi 18 anni di ricostruzione post incendio, ma al tempo stesso devono risarcire lo Stato con 43,4 milioni di euro per i costi sostenuti. Ma non solo. I Messeni non possono vantare alcun credito nei confronti dello Stato essendo stato dichiarato inefficace il protocollo d’intesa siglato nel novembre del 2002. Quello che lasciava il bene in capo ai privati ma che permetteva alla mano pubblica di poterlo gestire per 40 anni versando un canone di locazione di 500mila euro all’anno. E la famiglia, tramite la mediazione, puntava a ripartire proprio da questi accordi, magari sotto un’altra veste e denominazione.

«Nelle nostre intenzioni doveva essere un’opportunità per scongiurare altri dieci anni di contenzioso con relative spese, e corrispondente danno, anche per il pubblico Erario. Oggi, alla luce della mancata adesione e mancata partecipazione delle parti pubbliche invitate, la mediazione è diventata una gigantesca “cartina di tornasole” per aiutare chiunque a comprendere qual è la parte che crede nell’accordo e qual è quella che non ritiene neppure di provare a raggiungerlo su un tavolo neutrale istituzionale» commenta uno dei legali, Ascanio Amenduni.

«A meno che – aggiunge – il rifiuto della mediazione sia dovuto ad altre strategie di carattere contenzioso. Ma la storia e la magistratura, pure contabile, diranno se questo rifiuto è stato un bene oppure un ulteriore errore». Gli eredi ancora oggi non credono alle vere ragioni che hanno portato il sindaco Antonio Decaro, irritato da certe loro dichiarazioni a mezzo stampa, ad annullare il tavolo di confronto convocato a Palazzo di città.

Una revoca diramata lo scorso 6 dicembre, tre giorni dopo la missione del Comune a Palazzo Chigi con sottobraccio il corposo fascicolo “Petruzzelli” e nei giorni scorsi svelata proprio da Il Quotidiano del Sud. A Roma, gli uffici giuridici ed economici del governo sono infatti al lavoro sul caso. «Evidentemente avevano già in mente l’esproprio e la loro assenza alla mediazione è emblematica, dimostrano di non essere disposti a confrontarsi per trovare una soluzione condivisa» commenta Francesco Garibaldi, figlio di una delle sette eredi.

Eredi che oggi, alle 12 e 30, saranno ascoltati al Comune, in video collegamento, nella commissione Trasparenza del presidente Filippo Melchiorre (Fratelli d’Italia). «Abbiamo anche invitato l’avvocatura comunale – annuncia il consigliere -. La loro presenza sarebbe un buon segnale di riapertura al dialogo».

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