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ALARICO, il Re dei Goti, che riuscì a saccheggiare Roma, da sempre divide in due la città di Cosenza. Non c’è cosentino che non conosca la storia della sua morte improvvisa, nei pressi della città, e soprattutto la sua sepoltura con i suoi tesori nel letto del fiume Busento. La leggenda racconta che gli schiavi, che avevano lavorato alla temporanea deviazione del corso del fiume, furono uccisi tutti perché fosse mantenuto il segreto sul luogo della sepoltura.
C’è chi giura si tratti solo di leggenda, appunto. Per molti altri, invece, il Re dei Goti è davvero sepolto da qualche parte fra il Crati e il Busento. Una leggenda che travalica non solo i confini di Cosenza, ma anche quelli nazionali. Basti pensare che durante la seconda guerra mondiale il piano di invasione dei nazisti dell’Italia si chiamava proprio “Operazione Alarico” e che poco prima della guerra lo stesso Himmler venne sulle sponde del Busento a cercare il tesoro.
Verità o leggenda un dato incontrovertibile è il fascino che esercita da secoli il re dei Got, reso immortale da una poesia di Von Platen tradotta da Giosuè Carducci. Il sindaco Mario Occhiuto da tempo sta lavorando per fare di Alarico un brand della città e una leva potentissima di marketing territoriale. Nei progetti dell’amministrazione comunale c’è un Museo virtuale su Alarico, un comitato di studi di alto profilo, la realizzazione delle botteghe di Alarico lungo il fiume.
Per uno dei casi della vita tempo fa il sinologo Francesco Sisci, calabrese di origine e amico personale di Mario Occhiuto raccontò questa storia a Edward Luttwak, politilogo, consigliere della Difesa Usa che subito ha mostrato grande interesse per la vicenda. Detto fatto Luttwak ieri mattina è stato a Cosenza, ospite del sindaco Occhiuto spinto dal suo interesse verso il re dei Goti. Luttwak ieri a Palazzo dei bruzi ha spiegato che: «L’unico testo che menziona questa storia della morte di Alarico a Cosenza dopo che aveva saccheggiato Roma – ha esordito – è quello di Jordanes. A Roma non hanno distrutto molto, hanno distrutto pochissimo, hanno lasciato i dipinti, prendendo oro e argento, qualcosa di bronzo, cose leggere. Nelle case senatoriali trovavano infatti ori e argenti. C’è pochissima documentazione su questo. I goti usavano i letti dei fiumi, è comprovato».
Ma se la storia la conoscono tutti, la parte interessante è che le ricerche del tesoro, o almeno di una parte di esso, potrebbero conoscere un nuovo impulso. Fra i tesori che Alarico saccheggiò a Roma, la leggenda narra vi sia anche la Menorah, il candelabro a sette braccia in oro massiccio, oggetto di culto per le religioni ebraica, cattolica e islamica. Un oggetto riprodotto sull’arco di Tito e che fa pensare quindi venne preso dai romani a Gerusalemme, ma di cui poi si sono perse le tracce. Una ipotesi è che possa averlo preso proprio Alarico.
La svolta alle ricerche potrebbe venire grazie alle entrature di Luttwak con Israele, di cui è anche un ascoltato consigliere strategico. In particolare il politologo ha detto che potrebbe convincere un ingegnere israeliano a portare su Cosenza uno dei droni che Israele utilizza per individuare i tunnel usati da Hamas per entrare in Israele. «Tutti gli storici del mondo – ha concluso Luttwak – potrebbero venire a Cosenza a vedere le monete, i monili e ciò che si potrà trovare». Occhiuto ha sorriso soddisfatto. Che il tesoro ci sia o no in fondo conta poco. Quel che conta è la risonanza internazionale che potrebbe avere Cosenza durante le ricerche. E se poi si dovesse trovare davvero la Menorah…
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