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Personale sanitario con i dispositivi di protezione

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CATANZARO – Rischia di trasformarsi in una grossa grana legale per la Regione la mancata corresponsione di oltre sette milioni alla quasi totalità delle strutture sanitarie e socio-sanitarie accreditate e convenzionate operanti nel territorio calabrese, che hanno più volte chiesto un concreto intervento per far fronte agli improvvisi ed ulteriori costi che sono quotidianamente costrette ad affrontare da quando è insorta l’epidemia da Sars Covid.

L’avvocato Francesco Rotundo, in nome e per conto delle associazioni di categoria Uneba Calabria, Crea Calabria, Aris, Aiop Assistenza territoriale, ha diffidato le Aziende sanitarie provinciali della Calabria ad «attivare senza indugi le procedure di fornitura dei Dpi agli erogatori privati accreditati nonché al rimborso nei loro confronti delle spese sostenute sin dall’inizio della pandemia sempre in relazione ai dispositivi di protezione imposti, ed al mancato fatturato per tutti quegli erogatori costretti ad interrompere e/o sospendere le attività in conseguenza dei provvedimenti restrittivi emessi nella fase emergenziale, nella misura del 90% del budget contrattualizzato per gli anni 2020 e 2021».

In caso di «perdurante disinteresse», gli erogatori minacciano di rivolgersi all’autorità giudiziaria per far valere i loro diritti.

La situazione di difficoltà, rappresenta il legale, è aggravata dal fatto che tutte le strutture hanno dovuto adeguarsi alle direttive imposte dalla Regione Calabria con l’interruzione delle attività ambulatoriali ed una consistente diminuzione del numero dei ricoveri. Due ordinanze regionali prevedevano la possibilità di riprogrammare le attività ambulatoriali e di ricovero sospese ma «ciò non è stato possibile per le successive disposizioni (distanziamento tra pazienti, area Covid dedicata) che, di fatto, hanno ridotto il numero delle prestazioni erogabili», osserva il legale. E’ stato, inoltre, imposto alle strutture l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale (mascherine e guanti e visiere) oltre a camici e altri mezzi di protezione opportunamente lavati o monouso che «incidono in maniera consistente sul fatturato delle singole aziende le quali, in buona sostanza, stanno affrontando costi non previsti per fronteggiare la pandemia».

I costi per adeguarsi alle misure anti Covid pesano, insomma, notevolmente sui bilanci delle strutture sanitarie e socio-sanitarie. Il legale ricorda che l’importo di tutte le prestazioni di assistenza territoriale, sanitaria e socio sanitaria, previsto dal Dca 15/2016, fu calcolato, ovviamente, senza la previsione di ulteriori misure per fronteggiare una pandemia. Le strutture lamentano pertanto che, nonostante i decreti “ristori” adottati dal Governo, «la Regione Calabria non ha attuato alcuna azione concreta nei loro confronti, contrariamente a quanto fatto da altre Regioni che, invece, hanno autorizzato il rimborso dei maggiori costi – non previsti – sostenuti dalle strutture per i dpi e, disponendo l’erogazione in via provvisoria dell’80% del budget annuale non fatturato per le misure atte a contrastare il diffondersi del virus».

Secondo le associazioni di categoria, la Regione Calabria ha disatteso le disposizioni normative, in particolare quelle di cui alla legge 176 del 18 dicembre 2020, che prevede in materia di prestazioni acquistate dal Servizio sanitario nazionale da privati accreditati, che le Regioni e le Province autonome potranno continuare a riconoscere alle strutture private accreditate destinatarie di apposito budget 2020, che abbiano sospeso le attività anche a seguito di un provvedimento regionale adottato per effetto del Covid, la remunerazione a titolo di acconto, su base mensile, fino a un massimo del 90% del budget assegnato, salvo successivo conguaglio a seguito di apposita rendicontazione. Del resto, in materia di disposizioni finalizzate a facilitare l’acquisizione di dispositivi di protezione e medicinali nelle Rsa e nelle altre strutture residenziali, era stato previsto un fondo con una dotazione di 40 milioni di euro per il 2021.

Gli erogatori convenzionati si sentono soli. «Nessun atto è stato adottato nei loro confronti, né hanno avuto alcun sostegno concreto per la diminuzione dei fatturati o per le ulteriori spese cui son stati costretti a far fronte. Questi costi ulteriori, però, non possono gravare sugli erogatori, nel totale disinteresse della Regione Calabria».

Nessun riscontro concreto neanche alla nota del 10 dicembre scorso del delegato del Soggetto attuatore della Regione Calabria con la quale era stato disposto l’approvvigionamento dei dispositivi di protezione individuali: «le strutture non hanno goduto del benché minimo aiuto», denuncia l’avvocato Rotundo.

Da qui la richiesta al presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, che è anche commissario alla sanità, di istituire un tavolo tecnico regionale e la «conseguenziale adozione di tutti gli atti e provvedimenti ritenuti opportuni ed efficaci». La Calabria è fanalino di coda anche negli aiuti agli erogatori privati convenzionati, dal momento che le altre Regioni hanno già provveduto.

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