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L'iniziativa con Ielapi, Burdino, Albanese, Puccio, Cristofaro e Cristofaro

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GIRIFALCO (CATANZARO) – Una telefonata, nel luglio di sette anni e mezzo fa. Una telefonata fatta dalle forze dell’ordine ad un giornalista, per convocarlo e comunicargli che, da quel giorno, avrebbe vissuto sotto scorta, perché la ‘ndrangheta voleva ucciderlo.

È la storia di Michele Albanese, nota penna del Quotidiano del Sud, la cui storia drammatica è stata raccontata ieri mattina a Girifalco nel corso di un convegno, a tema legalità, organizzato dal comune in collaborazione con l’Istituto d’istruzione superiore “Ettore Majorana”, presso il Museo dell’Arte Contadina.

Il giornalista, sotto scorta dal 2014, intervistato dal collega Saverio Puccio, ha raccontato ai ragazzi cosa significhi combattere la ‘ndrangheta con l’arma delle parole.

«Michele non è un giornalista da scrivania, Michele è nato come cronista sul campo, viene dalla periferia e ha scelto di fare il suo lavoro con grande dignità». Così lo ha presentato Puccio aprendo i lavori, seguito dal sindaco, Pietrantonio Cristofaro. «La legalità deve partire dalle piccole regole di convivenza civile, affinché comportamenti mafiosi non prevalgano sul vivere comune», ha detto il sindaco.

Il dirigente del “Majorana”, Tommaso Cristofaro, è poi intervenuto per contestualizzare l’incontro col giornalista nell’ambito dell’azione formativa. «Vogliamo arricchire il lavoro fatto nelle aule. Importante è il rapporto con esperienze concrete, perché l’insegnamento non sia solo in cattedra, ma sia riflessione con gli studenti».

Prima dell’intervento di Albanese, il vicesindaco, Burdino, e l’assessore all’Istruzione, Ielapi, hanno raccontato il progetto “Insieme per la legalità”, nel quale s’inserisce l’incontro. «Sono contento di essere accolto qui, in luogo che conserva la memoria delle nostre origini contadine da preservare», ha esordito Michele Albanese. «Ho sempre fatto solo il mio lavoro, nulla di speciale. Mai mi sarei aspettato tutto ciò. Mi spiegarono che avevano intercettato due persone, legate ad un boss latitante, mentre parlavano di uccidermi. Non volevo crederci», ha rimarcato.

«In circa trent’anni di lavoro ho fatto i conti con centinaia omicidi. Ho raccontato l’area della Piana di Gioia Tauro, luogo di nascita di una holding criminale mondiale, luogo di sviluppo della “Santa”, incrocio tra affari, mafie, massoneria deviata, poteri occulti criminali», ha detto.

«Racconto una terra difficile, dove spesso si colpevolizza chi cerca la verità, accusandolo di infangare. Come quando scrissi dell’inchino al boss, durante una processione della Madonna. Non faccio una vita facile, ma rifarei tutto anche meglio, perché solo la verità è la condizione necessaria per formare uomini liberi. L’onore non è della mafia. L’onore è quello della gente per bene», ha concluso, invitando i giovani studenti diplomandi a rimanere a combattere per una terra martoriata, patria degli antenati.

L’ospite, insieme al moderatore Puccio, in chiusura hanno ricevuto un omaggio consegnato dalla “baby sindaca” di Girifalco, Nausica Cimino.

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