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Resta alta la percentuale di pugliesi che si cura fuori regione

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Nel 2018 i pugliesi che furono costretti ai “viaggi della speranza” per curarsi furono 39.540. Un anno dopo poco è cambiato: nel 2019, anno pre-pandemia quindi dati ancora non influenzati dalle chiusure e restrizioni, in 38.095 hanno raggiunto gli ospedali di altre Regioni per interventi chirurgici o esami specialistici. Poco più di 1.500 pugliesi in meno, ma la percentuale della mobilità passiva è rimasta inalterata, 9%. E costa, complessivamente, circa 180-200 milioni, al netto già degli introiti per la mobilità attiva. I dati si riferiscono solamente ai ricoveri in regime ordinario per acuti; i numeri eloquenti sono messi nero su bianco nel «Rapporto annuale sull’attività di ricovero ospedaliero» elaborato dal ministero della Salute sulla scorta delle schede di dimissioni (Sdo).

L’indagine statistica evidenzia ancora molte ombre del sistema sanitario regionale ma anche miglioramenti. Passi in avanti, ad esempio, li mostra il settore dell’oncologia, con una contrazione dell’esodo di pazienti. Andiamo con ordine. I pugliesi che nel 2019 si sono trasferiti in altre regioni italiane per essere curati sono stati 38.095, una mobilità passiva del 9%; di contro, sono stati 19.427 i pazienti che hanno scelto la Puglia per essere assistiti (4,8% di mobilità attiva), quasi tutti residenti nelle regioni del Sud: 5.582 sono lucani, 4.279 sono campani, 2.719 calabresi, 1.187 molisani. I cosiddetti viaggi della speranza, in sostanza, proseguono senza sosta, ma dove vanno a curarsi i pugliesi? C’è un vero e proprio esodo verso la Lombardia, oltre 10mila pugliesi hanno scelto gli ospedali milanesi (10.139 per la precisione); 7.213, invece, hanno optato per le strutture dell’Emilia Romagna e 4.407 quelle del più vicino Lazio.

Ma c’è chi ha raggiunto il Veneto (2.352 ammalati), Toscana (2.280) e Marche (2.278). Ci sono anche 2.264 pugliesi che hanno optato per la vicina Basilicata. Quanto è costato questo migrare di ammalati pugliesi alle casse pubbliche? Il dato oscilla tra i 180 e 200 milioni di euro. Analizziamo i dati relativi alla delicata branca dell’oncologia: dai 10mila pazienti oncologici del 2016 si è passati ai 4.864 del 2018, sino ai 4.452 del 2019, l’11%.

In tre anni è stato dimezzato il numero dei pugliesi ammalati di tumore che ha deciso di farsi curare fuori regione. I conti, però, continuano a non tornare, il saldo tra mobilità attiva e quella passiva resta negativo: a fronte di 2.507 pazienti provenienti da altre aree d’Italia (6,5% del totale degli ammalati oncologici), 4.452 pugliesi hanno optato per farsi curare o operare in ospedali del Nord (11% del totale). La Rop, la rete oncologica pugliese attivata circa tre anni fa, comincia a dare i primi risultati ma i viaggi della speranza proseguono. Tuttavia, i progressi ci sono e negli ultimi tre anni sono stati continui: nel 2016 i viaggi della speranza furono oltre 10mila, nel 2017 si è passati a 5.490, nel 2018 a 4.864 e nel 2019 sono stati 4.452.

Una nuova limatura che, però, non è sufficiente ad allineare la Puglia alle regioni del Nord che continuano ad attrarre pazienti, arricchendo anche le proprie casse. Basta dare un’occhiata al flusso dei pugliesi che hanno deciso di curarsi fuori regione: 1.527 pazienti hanno scelto gli ospedali della Lombardia, un altro esodo che si somma a quello dei pazienti avuti in regime di ricovero ordinario.

Un capitolo a parte lo merita la pediatria, qui di passi in avanti se ne vedono pochi: nel 2019 sono stati 4.459 i bambini e ragazzini sino a 17 anni che dalla Puglia sono stati obbligati con le proprie famiglie a raggiungere ospedali fuori regione per curarsi, per una mobilità passiva del 9,5%, di contro i piccoli pazienti che dal resto d’Italia si sono rivolti alle strutture pediatriche pugliesi sono stati 1.954, per una mobilità attiva del 4,4%. E rispetto ad un anno prima non c’è stato nessun significativo miglioramento, segnale che i problemi non sono stati superati.

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