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POTENZA – Può tornare in Regione Dionigi Pastore, il funzionario dell’ufficio economato della Regione finito agli arresti domiciliari il 15 luglio con l’accusa di corruzione e turbativa d’asta.
Lo ha deciso il gip Amerigo Palma accogliendo l’istanza presentata dalla difesa di Pastore, assistito dall’avvocato Gianfranco Robilotta.
L’economo di via Anzio dovrà resta sottoposto soltanto all’obbligo di firma. Resistono invece i sigilli su beni e conti correnti «fino alla concorrenza della somma di circa 86.750 euro», considerati l’equivalente del prezzo pagato da alcuni imprenditori in cambio di appalti e commesse pilotate.
Gli investigatori hanno dedicato un’intera informativa alle sue ricchezze: un tesoretto difficile da nascondere, al punto che anche lui ne parla più volte vicino alle microspie piazzate nel suo ufficio.
Da lì sono partite una serie di verifiche che hanno evidenziato come nel giro di 6 anni sui conti correnti di marito e moglie sarebbero stati accreditati poco meno di un milione e 360mila euro, anche se entrambi nello stesso periodo non hanno dichiarato più di 200mila euro di reddito.
Dopo la scoperta delle indagini sono state registrate anche le presunte contromisure adottate per cercare di giustificare certi rapporti economici con ditte fornitrici di via Verrastro. Ad esempio una serie di «fatture di comodo» emesse dagli imprenditori amici per i «lavori ottenuti da Pastore». Lavori effettuati sugli immobili, «a dire il vero piuttosto numerosi» a sua disposizione, da parte di imprese che grazie a lui «avevano ottenuti affidamenti e aggiudicazioni per opere pubbliche», come la Prisica e la Uel dei ruotesi Gerardo Priore e Giovanni Sileo (entrambi finiti ai domiciliari) e la Zaccagnino impianti del potentinoVito Antonio Zaccagnino.
Pastore è al centro del terzo filone dell’inchiesta Vento del Sud, condotta dagli agenti della mobile di Potenza coordinati dal pm Francesco Basentini, che approderà in udienza preliminare il prossimo 12 dicembre.
Al centro ci sono proprio le gare gestite da Pastore al provveditorato di via Verrastro, a cominciare da quelle assegnate all’“amico” Leonardo Mecca.
Secondo gli investigatori sarebbe esistito un vero e proprio cartello di piccoli imprenditori disposti ad accordarsi per pilotare le gare presentando offerte in maniera tale da assicurare ora l’affidamento all’uno ora l’affidamento a un altro, anche a costo di ricompensare gli “sconfitti” con commesse e subappalti.
In tutto gli indagati sono in 13 da sommare ai 19 coinvolti nel primo filone dell’inchiesta e ai 5 del secondo, inclusi i “ricorrenti” Mecca e Zaccagnino.
Tra gli episodi per cui il gip aveva respinto le misure cautelari richieste dal pm ce n’è anche uno ambientato nel Comune di Potenza per cui l’ex assessore Luciano De Rosa è finito sul registro degli indagati per corruzione “sessuale”. Infatti in varie occasioni si sarebbe attivato per aiutare Mecca accelerando le liquidazioni di alcuni pagamenti e cercando di fargli ottenere ulteriori commesse in cambio di «una serie di utilità, ivi comprese diverse prestazioni sessuali offerte da giovani donne».
l.amato@luedi.it
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