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PER gran parte della giornata di ieri lo spettro della dad era sembrato tornare a incombere sulla scuola italiana. Poi, nel tardo pomeriggio, l’improvvisa virata del ministero della Salute in favore del mantenimento dello status quo. La giornata, insomma, non si è certo distinta per chiarezza comunicativa.
Ma andiamo con ordine. In mattinata le agenzie avevano battuto una notizia circa la volontà del governo di ripristinare il protocollo in vigore prima di quello varato il 6 novembre scorso: in caso di un solo caso positivo al Covid tra studenti e insegnanti, l’intera classe resta a casa e fa la dad. Sembrava questa, alla luce dell’incremento dei contagi tra i giovanissimi, la linea dell’Esecutivo, tanto che il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, sottolineava che, cambiando costantemente il quadro dell’epidemia, era opportuno cambiare in corsa. E persino il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, aveva lasciato intendere che sarebbe stato ripristinato il vecchio protocollo: «Per la sicurezza della scuola – parole sue – un attimo di cautela la abbiamo presa».
IL CONTRORDINE
La questione era diventata motivo di dibattito. L’Anp (Associazione nazionale presidi) aveva salutato con favore il ripristino del ricorso alla dad in caso di un solo positivo in classe, mentre il sindacato Anief (Associazione nazionale insegnanti e formatori) rilevava polemicamente che la decisione non sorprendeva perché, affermava il presidente Marcello Pacifico, «non si è provveduto né a sdoppiare le classi, né ad aumentare la capienza delle aule».
Prima di cena, però, il contrordine del ministero della Salute: resta in vigore il protocollo firmato il 6 novembre, per cui si ricorre alle lezioni da remoto per l’intera classe solo laddove venissero accertati tre positivi tra alunni e personale scolastico, altrimenti va in dad solo il contagiato e i compagni possono restare in classe sottoponendosi a tampone, da ripetere dopo cinque giorni. L’Esecutivo è del resto categorico: prioritario garantire le lezioni in presenza e in sicurezza. A tal proposito Palazzo Chigi fa sapere che la struttura commissariale del generale Figliuolo «intensificherà le attività di testing nelle scuole per potenziare il tracciamento».
IL BOLLETTINO
Il bollettino di ieri testimonia la traiettoria preoccupante della pandemia. In aumento le vittime: 89, mentre lunedì erano state 65. I tamponi positivi sono stati 12.764, contro i 7.975 del giorno prima. Tasso di positività che cala dal 2,9% all’1,8% alla luce di 719.972 test effettuati. Sono 683 i pazienti in terapia intensiva (+14). Gli ingressi giornalieri sono stati 64. I ricoverati con sintomi nei reparti ordinari sono 5.227 (+92). Prosegue intanto il dibattito sull’obbligo di mascherine all’aperto, per il quale premono alcuni presidenti regionali. Il virologo Marco Falcone, della Simit (Società italiana di malattie infettive e tropicali), rileva che l’eventuale obbligo «non serve tanto per bloccare la diffusione del virus all’aperto, perché all’aperto è quasi impossibile infettarsi», però ne facilita l’utilizzo anche «nelle occasioni di incontro al chiuso».
GERMANIA: PAZIENTI TRASFERITI IN ITALIA
La situazione è delicata in Italia, mentre appare drammatica in altri Paesi d’Europa. In Germania è forte la pressione sugli ospedali, nonostante un tasso di posti letto, in rapporto al numero di abitanti, molto più alto di quello italiano. Da giorni i lander tedeschi stanno trasferendo pazienti all’estero per il forte carico delle rianimazioni. Una mano tesa travalica le Alpi: nei giorni scorsi la Baviera ha inviato due pazienti in Italia, a Bolzano e Merano. E non è affatto escluso che altri ne possano arrivare a breve, visto che il livello italiano di occupazione dei letti d’ospedale è ancora sotto la soglia critica. «Ci prepariamo a trasferire i pazienti all’estero, qualora fosse necessario – ha detto Manne Lucha, ministro della Salute del Baden-Wuerttemberg – Il carico degli ospedali è immenso e le persone non ce la fanno più». Lucha ha già ricevuto la disponibilità della Lombardia.
OBBLIGO VACCINALE
A mali estremi, estremi rimedi: la Germania (dove ha ricevuto le due dosi il 68,5% della popolazione) pensa di imitare l’Austria introducendo l’obbligo vaccinale. Il futuro cancelliere Olaf Scholz, secondo “Bild”, avrebbe dato disponibilità a votare a favore di un simile provvedimento, se verrà proposto in Aula. Sulla stessa lunghezza d’onda il suo probabile vice, il verde Robert Habeck.
«Ovviamente la vaccinazione obbligatoria rappresenta una forte ingerenza nella libertà dell’individuo – ha detto all’agenzia “Dpa” – ma protegge la vita e, in ultima analisi, la libertà della società». Mentre a breve in Germania scatterà in ogni modo una nuova stretta nei confronti dei non vaccinati, in Austria l’obbligo vaccinale partirà dal 1° febbraio (per i trasgressori multa fino a 3.600 euro che potrebbe essere raddoppiata in caso di inottemperanza).
Obbligo anche in Grecia a partire dal 16 gennaio, ma solo per gli over60: chi si rifiuterà pagherà una multa di 100 euro al mese fino a quando non cambierà idea e si deciderà a vaccinarsi. La Gran Bretagna, invece, conferma che la terza dose sarà aperta a tutti da gennaio.
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