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Lontani sono, per chi li ha vissuti, i fantastici Natali degli anni 80, quando la spinta consumistica prese il sopravvento su quella religiosa, trasformando le festività di fine anno in uno straordinario fenomeno commerciale.
Quarant’anni che, complice la pandemia, sembrano mille. L’Italia cresce, il Pil viaggia a ritmi da boom economico ma la spesa degli italiani non segue il trend. Con la ruotine dello shopping natalizio emerge il quadro di un’economia reale in cui sembra permanere lo stato di crisi e, soprattutto, di un pessimismo per il futuro che coinvolge soprattutto i giovani.
Il Censis, in un rapporto pubblicato la scorsa settimana, prevede prima e durante le feste un calo del 20,7% della spesa in beni alimentari, del 33,1% di quella per i regali ad amici e parenti e del 42,4% di quella per viaggi e vacanze. Sarà, insomma, un Natale ancora all’insegna dell’austerità.
«Ci sono innanzitutto fattori psicologici legati alla pandemia e ai timori dell’avvenire alla base di un aumento dei risparmi – spiega Mauro Antonelli del Centro studi dell’Unione nazionale consumatori (Unc) – ma si consuma meno anche per via delle restrizioni e del timore di contrarre la malattia. Se penso di invitare meno persone a cena comprerò meno cibo, se incontrerò solo amici e parenti stretti farò un minor numero di regali, se considero rischioso viaggiare non mi muoverò durante le ferie e così via…».
A ciò si aggiunge, prosegue, «quello che secondo noi è il vero problema: la stangata in corso e quella in arrivo a partire da gennaio. Mi riferisco sia al caro bollette che all’aumento dell’inflazione. Variabili fra loro collegate se si pensa che senza il rialzo del prezzo dei beni energetici – luce, gas e carburante – l’inflazione scenderebbe dal 3,7 attuale all’1,3. Calando il reddito disponibile, ovviamente crescono i risparmi per paura di non arrivare alla fine del mese».
Una zavorra che frena la generale ripresa dei consumi che, sottolinea Antonelli, «è in corso, anche per l’effetto di rimbalzo successivo alla fine delle chiusure. Mi spiego: se nel marzo 2020 spendevo zero perché stavo chiuso in casa con l’allentamento delle misure alcune spese sono diventate obbligate. Ad esempio mi deciderò finalmente a cambiare la vecchia lavastoviglie con cui, durante il lockdown, ero andato avanti. Ecco, questo porta a una ripresa dei consumi, che risulta frenata dalle diverse stangate». Che portano «a un aumento del costo della vita: oggi una famiglia spende mediamente mille euro in più all’anno, nei nuclei con due figli si arriva a 1.300». Un po’ meglio va ai giovani single under 35 «per i quali il dato scende a 867 euro in più all’anno su cui incide molto la voce trasporti, tenendo conto dei rincari della benzina».
Una persona con meno di 35 anni poi «spende molto in comunicazione, mentre su un single anziano e pensionato o su una coppia con figli pesano molto i costi relativi all’abitazione, alla luce, al gas e al riscaldamento».
Un costo della vita elevato, in sostanza, comporta una minore propensione al consumo di beni non essenziali e il cui acquisto non è obbligato dalle esigenze di sussistenza, come – appunto – i regali di Natale e il necessario per organizzare i pranzi e le cene della tradizione. Ciò, tuttavia si riverbera, su tutta la filiera, dai produttori ai negozianti, destinati a guadagnare meno. Una possibile soluzione, secondo l’Unc, potrebbe essere quella «bloccare le bollette per avere effetti non solo sotto il punto di vista dell’equità, ma anche dei consumi e del Pil. Sarebbe sicuramente un fatto positivo».
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