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L’Opa di Kkr su Tim incassa il via libera anche del Pd e spacca ancora di più la maggioranza. Una decisione importante sul piano finanziario perché mette un altro voto a favore dell’iniziativa programmata dal fondo americano. Ma è ancora più significativa dal punto di vista politico perché dimostra la centralità di Draghi (favorevole fin dall’inizio a Kkr) a fronte dello sfilacciamento della sua maggioranza. La Lega di Matteo Salvini, infatti, nei giorni scorsi era entrata a gamba tesa. Chiede «la tutela della rete pubblica, la salvaguardia di investimenti e occupazione, no al cedimento a interessi finanziari stranieri». Una presa di posizione che unisce sempre di più le posizioni del Carroccio e quelle di Fratelli d’Italia.

GLI SCENARI

Per ricompattare il quadro diventa sempre più probabile la nomina di Massimo Sarmi alla presidenza al posto di Salvatore Rossi. La candidatura è stata caldeggiata dal ministro Giorgetti e certo non dispiace a Kkr, visto che il manager è già presidente di Fibercop di cui gli americani hanno il 37,5%. Nell’incontro con i sindacati il segretario dem Enrico Letta non ha chiuso la porta agli americani.

Sul fondo Kkr «non ci sono pregiudiziali, bisogna partire dalle garanzie occupazionali, salvaguardia degli asset strategici e del patrimonio aziendale». Unimpostazione condivisa dai segretari generali di Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil che, «ringraziando Letta per la disponibilità al confronto» hanno chiesto «garanzie per il rispetto degli accordi sottoscritti sul contratto di espansione e nuova occupazione, sulla continuità operativa dell’azienda e sulla necessità di un confronto tra governo e organizzazioni sindacali non più rinviabile». Una posizione, confermata dal vice segretario del Pd, Giuseppe Provenzano.

È l’ex ministro per il Sud a sottolineare la necessità di «valutare senza pregiudizi l’offerta del fondo americano». A suo parere «le sfide della digitalizzazione hanno bisogno di un grande operatore nazionale perché è in gioco il futuro di 40mila lavoratori», dice ancora Provenzano. Una posizione che non piace a Fratelli d’Italia. Con una nota, Giorgia Meloni attacca i dem, ma anche Carlo Calenda, definendoli «portavoce di Macron e dell’Eliseo», dando «uno squallido spettacolo di partigianeria pro Macron».

In mezzo alle polemiche il titolo Tim si è spento. Ha perso il 2,81% a 0,467 euro con 113,2 milioni di pezzi passati di mano, pari allo 0,7% del capitale dopo il passo indietro dell’ad, Luigi Gubitosi, che ha rimesso le deleghe ma restando consigliere. La ragione principale della sfiducia del cda sarebbe l’impatto del contratto con Dazn sui conti del gruppo e il conseguente rischio di un terzo profit warning consecutivo.

Tim ha assicurato che sta lavorando con un consulente per trovare chi sostituirà l’amministratore delegato. Per il momento le deleghe sono state assunte dal presidente Salvatore Rossi e Pietro Labriola è stato nominato direttore generale. Non è escluso che possa essere nominato amministratore delegato. Prima, però, deve entrare in consiglio e infatti sono forti le pressioni su Gubitosi perché lasci anche questo incarico.

LA RESA DEI CONTI

Nel frattempo è già cominciata la resa dei conti interna. A farne le spese dovrebbe essere, per primo, Carlo Novello, la cui relazione era stata utilizzata da Gubitosi per puntellare le ragioni del contratto con Dazn.

Viceversa è prevista la promozione a vice direttore generale (e poi forse direttore generale) di Stefano Siragusa. È stata proprio la sua convocazione di venerdì a smentire l’ottimismo di Gubitosi e Nardello, aprendo a quel punto la strada al ribaltone. L’uscita di scena del ceo Gubitosi a tre anni dal suo insediamento e a pochi mesi dalla sua riconferma rappresenta un elemento dirompente nella equity story, ma nel complesso gli analisti ritengono che l’avvicendamento con un manager di lungo corso e di comprovata esperienza come Labriola offra delle garanzie di stabilità e rilancio per il gruppo e possa finalmente favorire una maggior distensione dei rapporti tra i soci che potranno valutare più serenamente l’offerta del fondo americano Kkr, per ora sempre ferma a 0,505 euro per azione (10,8 miliardi di euro per il 100% di Tim).


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