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POTENZA – Si è avvalso della facoltà di non rispondere Daniele Barbetta, il 23enne di Rionero arrestato venerdì scorso dai carabinieri del nucleo operativo di Melfi e del Ros di Potenza per il tentato sequestro di Silvio Fanella: il “cassiere” di Gennaro Mokbel morto il 3 luglio a Roma durante un blitz “fotocopia” finito male.
Martedì mattina il suo legale ha consegnato al magistrato di Potenza, delegato dal gip della capitale, alcuni documenti che dimostrerebbero la sua estraneità agli ultimi fatti.
Si tratta di elementi che collocherebbero Barbetta da tutt’altra parte quando è entrata in azione la squadra di «finanzieri», veri o presunti che ha trucidato il 41enne Fanella nel tentativo di rapirlo per estorcergli il nascondiglio del suo “tesoro”. Infatti a distanza di qualche ora dalla sua morte i militari del Ros dei carabinieri avrebbero scoperto contanti, gioielli e diamanti per milioni di euro nascosti nella sua casa di campagna, che gli inquirenti considerano parte del bottino della maxi-frode da 2miliardi di euro Telecom Sparkle – Fastweb.
Ora la decisione su un’eventuale liberazione del giovane spetterà ai giudici della capitale.
Barbetta sarebbe stato reclutato da Giovanni Plastino, 36enne di Rionero che sta già scontando una condanna definitiva per associazione mafiosa ed estorsione col clan Cassotta.
Così anche per lui il gip Massimo Battistini ha spiccato un’ordinanza di misure cautelari assieme al “contatto” nella “banda” Mokbel, Roberto Macori, 40enne romano arrestato nel 2010 assieme a Fanella e all’imprenditore “nero” nell’ambito dell’inchiesta Phunecards-broker.
Il tentativo di sequestro orchestrato da Macori, Plastino e Barbetta ad agosto del 2012 era emerso da un’inchiesta condotta dai carabinieri del reparto operativo di Potenza al comando del capitano Antonio Milone, che avevano messo nel mirino proprio i traffici del 23enne considerato a capo di una banda pronta a fare il salto nel “gotha” criminale del Vulture.
Nelle intercettazioni è finito anche un incontro il boss Massimo Cassotta, a dicembre di 2 anni fa, quando Barbetta sarebbea ndato a Melfi per chiedergli «il permesso di operare su Melfi, anche se è consapevole – annotano i carabinieri – che rischia di dover spartire con il Cassotta» una percentuale svantaggiosa».
Già una volta il boss avrebbe chiesto «una grande punto» e non erano riusciti ad accontentarlo. Un’altra delusione non sarebbe stata consigliabile.
«Questo l’importante è che parli, capi’ quando parli con lui parli pulito, nè usi parolacce, nè che… Questi, questi cazzo di Cassotta qua ci tengono a queste cazzo di parole». Spiega Barbetta a uno dei “suoi” che lo stava accompagnando nelle trascrizioni di quanto captato dalle microspie piazzate nella sua auto.
«Anche io la prima volta che ci ho parlato: hai visto, mi ha fatto. Non è per qualche cosa, ma non dire sempre: capi’, capi’, capi’. Ho capito, hai visto… Infatti quando io dico: hai visto… hai capi’, hai capi’, hai capi’. Sono gente hai capi’ cheee ci tengono …inc… quando uno parla hai capi’?»
Guai a mancare di rispetto al padrino.
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