«NEL CUORE soprattutto l’emozione e la gratitudine per le parole di Papa Francesco in Calabria. Nella regione italiana più difficile per la lotta alla criminalità il messaggio è arrivato forte e chiaro. Adesso tocca a tutti gli uomini di buona volontà non rassegnarsi alla cultura dell’illegalità. Noi non lo facciamo, noi non lo faremo». Lo scrive su Facebook il presidente del Consiglio Matteo Renzi subito dopo che il Pontefice, dal mega palco di Sibari, si è scagliato contro la ‘Ndrangheta. E con un tweet, il premier, aggiunge: «Ringrazio Papa Francesco per la visita in Calabria. E per le sue parole. Credo che questa visita resterà nel cuore non solo dei calabresi».
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Gli fa eco il presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi: «Papa Francesco ha affidato alla Calabria un potente messaggio di speranza e di coraggio che parla a tutti. Il coraggio di non piegarsi alla violenza delle mafie e la speranza di un cambiamento nel segno del bene comune e della solidarietà».
«La scomunica definitiva e solenne della ‘ndrangheta – aggiunge – traccia una linea di separazione netta tra credenti e mafiosi. Il Papa spazza via ogni possibilità di convivenza e accettazione di un male che soffoca le energie buone di questa regione e ne condiziona le possibilità di sviluppo ma che ormai agisce sul piano nazionale e internazionale come una vera e propria “holding del crimine”, con interessi e affari in tutti i segmenti della vita economica e sociale. Le mafie si possono isolare ed estirpare, non sono invincibili e le istituzioni devono fare di più e meglio per rimuovere le cause economiche e sociali che ne favoriscono il radicamento».
«Ringrazio il Papa – dice ancora Rosy Bindi – come credente e come donna impegnata nelle istituzioni. Le sue parole danno nuova forza e slancio a tutti coloro e sono tantissimi, soprattutto giovani meridionali – conclude – che con passione e coerenza testimoniano l’impegno per la giustizia e il riscatto del Mezzogiorno».
La scomunica dettata dal Santo Padre ai mafiosi è un evento senza precedenti. «E’ la prima volta che un Pontefice parla così esplicitamente di scomunica ai mafosi», spiega don Davide Scito, docente di Diritto Canonico all’Università Pontificia della Santa Croce. Lo scorso 21 marzo Bergoglio, incontrando i parenti delle vittime di mafia insieme a don Luigi Ciotti, aveva invitato i mafiosi a convertirsi, «convertitevi o per voi sarà l’inferno», ma di scomunica ne ha parlato esplicitamente solo ieri. Sulla questione c’è stato anche un documento della Cei – era il 2010 – che riguardava la scomunica ai mafiosi. Rimase una proposta. Ora papa Francesco non ha usato mezzi termini e ha parlato esplcitamente di “scomunica” per i mafiosi.
«Al di là di quello che dice il codice di diritto canonico per cui se c’è una proibizione giuridica – spiega il canonista – sei escluso dalla comunione, penso che il Papa, con queste parole fortissime e senza precedeti, abbia voluto denunciare e richiamare la gravità del comportamento di tanti malavitosi che si spacciano per cattolici devoti. Francesco vuole dire che questa gente deve essere esclusa dalla comunione con Dio. E lo ha detto con parole definitive e inequivocabili».