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REGGIO CALABRIA – Imprenditori e professionisti operanti in Italia e all’estero tutti ritenuti collegati tra loro in una fitta rete di rapporti che per la Finanza e la Polizia postale di Reggio Calabria concretizzava una associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio e alla frode fiscale, attraverso un complesso giro di fatture false.
L’indagine denominata ‘Profondo Nero’ ha portato all’emissione da parte del giudice per le indagini preliminari di Palmi, Fulvio Accurso, che ha accolto la richiesta del procuratore Giuseppe Creazzo e del sostituto Giulia Masci, di 32 ordinanze di custodia cautelare, 20 in carcere e 12 ai domiciliari, a carico di altrettanti imprenditori e al sequestro di 12 società e di beni per un valore complessivo di oltre 30 milioni di euro. Quaranta perquisizioni sono state effettuate tra Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Basilicata. Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Palmi, guidata dal procuratore capo Creazzo, hanno smascherato un meccanismo criminale finalizzato a riciclare denaro, proveniente da frodi fiscali, che confluiva su conti esteri degli imprenditori e professionisti coinvolti.
Tra gli indagati figurava anche un agente della Guardia di Finanza in servizio presso la Dia di Reggio Calabria che è stato arrestato e posto ai domiciliari, Secondo l’accusa l’agente avrebbe usato il sistema informatico del Ministero dell’interno per fornire informazioni al fratello coinvolto nella truffa.
IL MECCANISMO MESSO IN ATTO. Quello studiato e attuato dalle 32 persone coinvolte nell’inchiesta era un sofisticato sistema di riciclaggio di denaro che partiva dalla Calabria per passare attraverso la Svizzera, e poi l’Estonia e l’Olanda per poi finire nel paradiso fiscale di Vanuatu, piccolo atollo del Pacifico. L’indagine è iniziata alcuni mesi fa dopo la denuncia del direttore di un ufficio postale della Piana che ha segnalato un giro anomalo di contanti con accrediti e prelievi. Si è accertata così la presenza di questa associazione a delinquere che aveva creato delle cosiddette società ‘cartiera’ intestate a prestanomi che avevano sede legale in Estonia, in Svizzera, a Roma, a Milano e a Reggio Calabria. Attraverso un sistema di false fatturazioni hanno consentito ad altre imprese, con sede in molte regioni italiane, di evadere le imposte sui redditi e l’imposta sul valore aggiunto per oltre 53 milioni di euro. Il denaro, frutto di evasione fiscale, veniva quindi trasferito su conti correnti nella disponibilità degli imprenditori e dei professionisti coinvolti oppure secondo le necessità riportate in Italia anche in contanti. A dicembre scorso nella stazione Termini di Roma la polizia postale e Guardia di finanza hanno sequestrato 101 mila euro in contanti di banconote da 50 alla segretaria di un imprenditore campano attivo nel commercio all’ingrosso di pneumatici. Il contante serviva a restituire il denaro bonificato alle società romane a fronte dell’emissione delle false fatturazioni. A loro volta queste società di fronte a false fatture emesse da imprese estoni e risultate nella disponibilità di un avvocato italiano residente in Svizzera, trasferivano tali somme di denaro su conti correnti accesi nella repubblica baltica.
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