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REGGIO CALABRIA – Sta diventando un caso, la mancata scarcerazione dell’avvocato catanzarese ed ex senatore di FI Giancarlo Pittelli, al quale il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha concesso venerdì gli arresti domiciliari dopo l’arresto nell’operazione “Mala Pigna”, ma che fino a ieri era ancora detenuto per l’indisponibilità del braccialetto elettronico, dispositivo non previsto nell’ambito del procedimento della Dda reggina ma in quello della Dda di Catanzaro denominato “Rinascita-Scott” in cui lo stesso Pittelli è ristretto sempre ai domiciliari.

«Le eventuali problematiche relative al braccialetto elettronico non incidono su quello che è il vulnus principale, vale a dire il fatto che Giancarlo Pittelli resti in carcere nonostante ci siano due provvedimenti concessori degli arresti domiciliari. E quand’anche questa fosse stata una cosa comprensibile nella giornata di ieri sera, e già non lo era, non lo è più nella giornata di oggi», hanno detto ieri gli avvocati Guido Contestabile e Salvatore Staiano, difensori di Pittelli.

Il noto professionista era finito in carcere il 19 ottobre scorso nell’ambito dell’inchiesta coordinata dalla Dda di Reggio Calabria. Il Riesame, accogliendo in parte il ricorso presentato dai due legali, ha concesso all’ex senatore di FI, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, gli arresti domiciliari senza prevedere l’applicazione del braccialetto elettronico, che, al contrario, dovrebbe essere applicato all’ex parlamentare per i domiciliari concessi, invece, nell’ambito dell’altro procedimento nel quale Pittelli è coinvolto, quello denominato “Rinascita-Scott”.

«Una cosa è certa – osservano i legali –, non si può tenere Pittelli in carcere, perché se non c’è un titolo cautelare che giustifichi il mantenimento in stato restrittivo carcerario, e non c’è, Pittelli non può restare in carcere».

«La difesa – hanno poi aggiunto i legali – non si è mai lamentata della conduzione della vicenda da parte della struttura carceraria, che si è mossa con correttezza ed estrema tempestività, ma a dover decidere, subito, è l’autorità giudiziaria».

Immediate le reazioni. «Basta con l’accanimento carcerario a Giancarlo Pittelli. Questa è barbarie», scrivono in una nota gli avvocati Valerio Murgano e Francesco Iacopino, rispettivamente presidente e segretario della Camera Penale di Catanzaro.

«Apprendiamo con sgomento – scrivono i due legali – che l’avvocato Giancarlo Pittelli, nonostante il provvedimento di immediata scarcerazione emesso dal Tribunale della libertà di Reggio Calabria, che ha annullato l’ordinanza cautelare disposta dal Gip dello stretto, si trova ancora in carcere a causa della mancanza del braccialetto elettronico, che peraltro aveva con sé al momento dell’arresto. Oltre al danno, la beffa».

«Dopo un anno di carcere duro in Sardegna, lontano dagli affetti e da ogni sentimento di pietà, e dopo un nuovo provvedimento restrittivo con il quale si è ritenuto di dover prolungare – ingiustamente (visto l’esito del Riesame) – le enormi sofferenze carcerarie già abbondantemente patite con la privazione della libertà e degli affetti nella forma più estrema, lo Stato continua a mostrare il suo volto autoritario, quello che non riesce a concepire un minimo sentimento di umanità, accanendosi ulteriormente contro un uomo ultrasettantenne e ammalato, totalmente inoffensivo, piagato nel fisico e nella mente».

«Ogni ritardo nell’esecuzione di un provvedimento di scarcerazione – sottolineano ancora –, ogni notte in carcere ingiustamente prolungata, è una ferita alla libertà dell’uomo. La vicenda di Giancarlo Pittelli rappresenta e coagula tutte le inefficienze e i ritardi del nostro sistema giustizia, che concepisce la libertà come pratica amministrativa da sbrigare e scarica sull’uomo detenuto le sue lentezze e disfunzioni. È questo il livello di civiltà giuridica di cui andar fieri? È questo il sistema giustizia che questa terra, la nostra terra, già troppo martoriata, è destinata a meritarsi?. Un sistema carcerocentrico – concludono i due legali –, reso ancora più feroce dalla sua esasperata burocrazia, quale unica risposta al bisogno di giustizia, è un’offesa alla nostra costituzione e a chi ha sacrificato la propria vita in difesa delle nostre libertà. È un’offesa ai principi di civiltà giuridica che stanno alla base del nostro patto sociale. Diciamo basta a un sistema giustizia che in nome di un malinteso senso di sicurezza sociale ha anestetizzato le coscienze collettive, sempre più incapaci di reagire di fronte a ogni violazione dei diritti e delle libertà della persona. Giancarlo Pittelli e, come lui, ogni uomo in attesa di libertà, va restituito subito alla propria famiglia».

«C’è una questione fondamentale – aggiungono i legali di Pittelli – che va chiarita. La mancata scarcerazione di Pittelli non rappresenta un atto di insubordinazione da parte del carcere. I responsabili della casa di reclusione si stanno ponendo un problema reale e concreto che qualcuno avrebbe dovuto risolvere già l’altro ieri. La questione va chiarita da chi ha il potere di farlo, che non è certamente la direzione della struttura carceraria. Non stiamo aggredendo il carcere che, non facendo parte della giurisdizione, non si può assumere la responsabilità di fare uscire Pittelli senza il braccialetto elettronico in assenza di uno specifico provvedimento da parte dell’autorità giudiziaria competente».

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Fabio Grandinetti

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