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Chiara Saraceno

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La mancata trasmissione dell’articolato in Parlamento per l’avvio della sessione di bilancio, lascia il cantiere della manovra di fatto ancora aperto. Il premier Mario Draghi ieri ha convocato a Palazzo Chigi i ministri Orlando, Patuanelli e Brunetta e i tecnici del Mef – il titolare del dicastero, Franco, era Bruxelles per l’Ecofin – e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Garofoli, per fare il punto sul reddito di cittadinanza, uno dei nodi insieme ai bonus edilizi e le pensioni, che ha tenuto in stand by la legge di bilancio, ritardando l’approdo in Senato, dove prenderà il via l’iter parlamentare che dovrà portare all’approvazione della legge di bilancio entro il 31 dicembre.

L’ipotesi di un nuovo passaggio oggi in Cdm, ventilata al termine della riunione tra Draghi e i ministri sull’onda dei malumori nella maggioranza, è stata smentita direttamente da Palazzo Chigi: “Il disegno di legge di Bilancio è stato approvato formalmente dal Consiglio dei Ministri nella riunione di giovedì 28 ottobre. Per questo motivo non si rende necessario alcun nuovo passaggio o esame in Cdm”.

Intanto l’ipotesi di un nuovo passaggio a Palazzo Chigi aveva riacceso le speranze dei Cinque stelle sulla possibilità di spuntare in quella sede la rimozione del tetto Isee di 25mila euro cui è condizionato l’accesso al Superbonus 110% per i proprietari di abitazioni unifamiliari. La viceministro all’Economia, Laura Castelli, ha comunque ribadito che il Movimento si batterà per eliminarlo.

Nel corso dell’incontro a Palazzo Chigi il Movimento ha intanto incassato la conferma che il decalage del reddito di cittadinanza scatterà dopo il rifiuto di un’offerta di lavoro congrua, non più automaticamente dopo sei mesi, legando il taglio all’introduzione di meccanismi di controllo con cui accertare che il beneficiario abbia effettivamente accettato o rifiutato l’offerta di lavoro. La revoca del beneficio arriverà di fronte ad un secondo rifiuto. «Per noi era fondamentale che il decalage partisse da un elemento di decisione preso dal percettore e non in modo automatico», ha affermato il ministro Patuanelli – Questa proposta è stata accolta e il decalage partirà dalla prima proposta di contratto congruo rifiutata».

Dal canto suo il leader della Lega, Matteo Salvini, ha rinnovato le sue critiche alla misura – che vorrebbe ancora più “stretta” di quanto sia in manovra -, sostenendo che «gli sprechi legati al reddito di cittadinanza incassato da furbetti, evasori o immigrati irregolari possono essere meglio usati per aumentare le pensioni d’invalidità e aumentare il taglio delle tasse, ad esempio per le partite Iva e i precari che più di altri hanno sofferto durante il Covid».

L’impianto del Reddito di cittadinanza resta intanto confermato, come il miliardo di finanziamento annuo. Cambia invece “Opzione donna” rispetto a quanto stabilito a fine ottobre: salta, infatti, la soglia anagrafica di 60 anni per le uscite delle lavoratrici, viene riportata a 58 per le dipendenti e a 59 per le autonome, com’era previsto finora.

Sul capitolo pensioni – che nella manovra prevede l’applicazione di Quota 102 per il prossimo anno – il ministro del Lavoro, Orlando ha poi assicurato che ci sarà una data di convocazione per un tavolo con i sindacati. «Il ragionamento è che tornare al contributivo non significa necessariamente tornare alla legge Fornero così com’era – ha affermato – Lo sforzo che si può fare è di mantenere l’impianto contributivo e costruire elementi di flessibilità che consentano anche di evitare alcune rigidità che nella Fornero sono presenti andando così incontro ad alcune istanze arrivate dal sindacato, non tutte».

Tornando al Reddito di cittadinanza, nel corso dell’iter parlamentare potrebbero essere recepite alcune tra le 10 proposte messe nero su bianco nel rapporto del Comitato scientifico per la valutazione del reddito di cittadinanza presentate ieri dalla presidente, Chiara Saraceno, insieme al ministro Orlando, che ha auspicato la condivisione dell’impianto da parte del centrosinistra.

Tra le proposte, che disegnano una vera e propria riforma dello strumento, figurano la riduzione da 10 a 5 anni del periodo di residenza in Italia per chi stranieri cui è vincolato l’accesso al sussidio; l’equiparazione, nella scala di equivalenza, dei minori agli adulti; il taglio da 6.000 a 5.400 della soglia di partenza per i single; la differenziazione del contributo per l’affitto in base alla dimensione del nucleo, abbassandolo quindi per i single e aumentandolo in base al numero dei componenti. Quindi il sussidio sarà più alto per le famiglie numerose e con figli minori, mentre si riduce per i single e i nuclei più piccoli. Così, ad esempio, una famiglia di sei componenti con quattro figli senza redditi e in affitto potrà avere fino a 1.540 euro al mese di assegno a fronte dei 1.330 attuali mentre un single si fermerà a 450 euro al mese oltre al contributo per l’affitto che non dovrebbe essere più uguale per tutti i nuclei ma essere parametrato all’ampiezza della famiglia.

Sul fronte del lavoro, per combattere il sommerso e incentivare l’occupazione la Commissione propone poi il mantenimento di una quota del reddito da aggiungere alla retribuzione: ad oggi, si sostiene nel rapporto, “lavorare non conviene perché se il reddito da lavoro aumenta di 100 euro, il Rdc diminuisce di 80 euro”. Si suggerisce pertanto di far pesare lo stipendio solo per il 60%. Si propone di considerare un’ “offerta congrua” anche i contratti a termine di durata inferiore a tre mesi per “incoraggiare persone molto spesso distanti dal mercato del lavoro ad entrarvi e fare esperienza”. Bisogna poi favorire l’incontro tra domanda e offerta, e a questo scopo occorre rafforzare gli incentivi alle imprese per le assunzioni. C’è poi la questione dei Centri per l’impiego da far funzionare. Ci sono le risorse del Pnrr da mettere in campo, ma nella partita le Regioni giocano un ruolo fondamentale: «Finalmente tutte hanno presentato un piano di potenziamento dei Centri – ha affermato Orlando – ma la percentuale di spesa è ancora molto bassa» e va aumentata per rilanciare le politiche attive.


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