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IL BOSS voleva vendere informazioni ai servizi segreti, per questo ha preso quel cd rom da un tecnico informatico, che aveva fatto di nascosto il backup di un pc del comando provinciale dei carabinieri, e l’ha portato allo 007 Nikeo Cervone.
E’ ricettazione l’accusa per cui il pm Francesco Basentini ieri mattina ha chiesto di condannare a un anno di reclusione il padrino pentito della “quinta mafia” Antonio Cossidente.
Nella sua arringa il magistrato ha ripercorso la vicenda che nel 2003 è costata il posto a Cervone eInchiesta per poco non ha scatenato una faida tra gli ex basilischi.
Già all’epoca, infatti, fece scalpore la notizia di quei dati top secret trafugati che erano finiti nelle mani di alcuni dei più noti esponenti dei clan di Potenza e Melfi: tra i quali informazioni sulle misure di tutela adottate per i magistrati antimafia e intercettazioni di una grossa operazione antidroga in corso nel Vulture.
Durante il dibattimento sono sfilati nel Tribunale del capoluogo lucano anche i vertici dei servizi segreti dell’epoca, in particolare il colonnello Mauro Obinu, ex capo della divisione crimine organizzato del Sisde, e Lorenzo Narracci, ex capo centro di Napoli e Potenza.
Obinu è chi consegnò il cd al pm Vincenzo Montemurro, oggi in servizio a Salerno, dopo averlo ricevuto da Cervone ed essersi consultato con i suoi superiori, proprio perché conteneva notizie d’interesse per la sicurezza dei magistrati potentini. Una mossa che di fatto “bruciò” la copertura di Cervone e l’inizio della collaborazione con Cossidente dal momento che qualche mese dopo la trascrizione delle conversazioni tra il boss e lo 007 finì agli atti di un’inchiesta sul clan melfitano dei Cassotta.
Narracci invece ha spiegato che nel 2003 era in servizio a Napoli «ma c’era da accorpare il centro operativo del Sisde di Potenza» per questo era venuto nel capoluogo lucano a «risolvere alcune questioni logistiche».
«Mi venne sottoposta, forse perchè ero il più alto in grado, – ha aggiunto – una relazione indirizzata al responsabile di allora in cui si parlava di un informatore occasionale che asseriva che la criminalità organizzata locale godesse dei favori dell’autorità giudiziaria, e a riprova di questo aveva presentato un cd-rom che conteneva documentazione su sistemi di sicurezza, caserme dei carabinieri, stralci d’intercettazioni, password e altro. L’autore era Nicola Cervone e diceva che il cd gli era stato consegnato da Antonio Cossidente, ma si faceva riferimento anche ad altre due persone: Stefanutti (Dorino, ndr) e Cassotta (Marco Ugo, ndr)».
Anche loro avrebbero avuto copia del disco, perciò Narracci («ritenendo questa documentazione sensibile per la sicurezza nazionale e una potenziale minaccia perchè c’era l’indicazione dei sistemi di tutela adottati per i magistrati della Dda di Potenza») avrebbe informato i suoi superiori. «Il direttore di allora, che era il prefetto Mori (Mario, ndr), decise di fissare immediatamente un incontro con l’antimafia di Potenza per riferire e consegnare quel corpo di reato, come fu fatto»
Tra le altre cose finirono sulla scrivania del pm Vincenzo Montemurro (oggi in servizio a Salerno) alcuni appunti a firma di Cervone con le rivelazioni di Cossidente. In uno si parlava di un informatore al soldo del boss di Melfi Marco Ugo Cassotta, che gli passava notizie sulle indagini sul suo conto. E in un altro degli affari del clan guidato da Renato Martorano nel capoluogo, gli stessi sui quali proprio quel pm stava indagando da quasi tre anni con il Ros dei carabinieri, e che avrebbero portato ai 52 arresti del 24 novembre del 2004 – nemmeno 15 mesi dopo – nel blitz dell’operazione Iena2, per cui è ancora in corso a tutt’oggi il processo di primo grado.
Dopo la discussione del pm ha preso la parola la difesa di Cossidente che ha chiesto di derubricare l’accusa nei suoi confronti a rivelazione di segreto istruttorio.
La prossima udienza è stata fissata per il 29 settembre quando dopo le eventuali repliche il collegio dovrebbe ritirarsi per la decisione.
l.amato@luedi.it
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