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REGGIO CALABRIA – Un colpo di spugna in Cassazione sulla sentenza di un processo che aveva creato grande scalpore a Reggio Calabria. La Suprema Corte, infatti, ha annullato, rinviando il caso in Corte d’Appello, le condanne emesse nell’ambito del procedimento “Urbanistica”, scaturito da un’operazione della Polizia di Stato che svelò un giro di mazzette all’interno dell’ufficio del Comune di Reggio Calabria.
La decisione dei giudici di secondo grado aveva sostanzialmente confermato la sentenza emessa alcuni mesi fa dal Tribunale presieduto da Olga Tarzia. La Corte presieduta da Rosalia Gaeta (Adriana Costabile e Giuliana Campagna) a latere aveva quindi, assolto Giuseppe Melchini da alcuni capi di imputazione, rideterminando la pena a 7 anni e 8 mesi di reclusione (8 anni in primo grado); stessa sorte per Marilena Mastrandrea 2 anni pena sospesa (3 anni in primo grado). La Corte aveva poi operato delle lievi riduzioni: Antonio Demetrio Artuso 5 anni (6 anni in primo grado); Giovanni Tornatola 4 anni (5 anni in primo grado). I giudici di secondo grado avevano inoltre concesso la sospensione condizionale della pena ad Antonio Smeraldo, revocando l’interdizione legale e quella perpetua dai pubblici uffici inflitta a Giovanni Tornatola, applicandogli l’interdizione dai pubblici uffici cinque anni. A Piazza Castello erano state poi confermate le condanne inflitte in primo grado a Pasquale D’Ascoli (6 anni e 6 mesi), Carmelo Lo Re (6 anni) e Francesco Calì (5 anni e 6 mesi). La Corte, infine, aveva dichiarato il non diversi procedere nei confronti di Pietro Paolo Condò per prescrizione.
Contro la sentenza avevano proposto ricorso in Cassazione i penalisti reggini Carlo Morace, Francesco Albanese e Pasquale Foti, che hanno visto premiate le proprie ragioni dai giudici della Cassazione. “E’ ragionevole ritenere che il lucroso sistema, oramai ben collaudato e fondato sul coinvolgimento, anche alternativo, di una pluralità di soggetti avrebbe continuato a funzionare, ove non fosse sopraggiunto l’intervento dell’autorità giudiziaria, per un periodo ulteriore , così garantendo ai suoi gestori la percezione di profitti sempre maggiori; nessun dubbio può dunque essere coltivato in relazione alla sussistenza dell’elemento della stabilità del “pactum sceleris“, siglato in vista della commissione di una serie indeterminata di delitti nell’ambito della P.A.” scriveva il giudice Olga Tarzia nella sentenza di primo grado.
L’indagine svelerà il sistema messo in atto da funzionari e dipendenti dell’ufficio Urbanistica. Il ruolo principale sarebbe stato svolto da Pino Melchini, dirigente presso l’Ufficio Programmazione dell’Assessorato ai Lavori Pubblici del Comune di Reggio Calabria. L’indagine sarà anche preceduta – e per molti versi si intreccerà – anche con l’attività della commissione d’indagine presieduta da Nuccio Barillà sullo scandalo-mazzette, che il Consiglio Comunale istituirà anche dopo le denunce dell’allora presidente del Civico Consesso, Aurelio Chizzoniti: “Le intercettazioni, in modo plastico, senza necessità di ricorrere a particolari interpretazioni, fornivano prova diretta di quanto ipotizzato dando forza all’ipotesi dell’esistenza una struttura organizzata composta dai vertici dell’ufficio urbanistica, diretto e coordinato dal Melchini, e dipendenti, unitamente professionisti esterni, adeguatamente “sponsorizzati” da questi ultimi per veicolare gli incarichi, ed in grado pertanto di pilotare l’intero iter relativo al rilascio delle concessioni edilizie, di condoni, previa formazione, in alcuni casi, di titoli di proprietà dubbi, di certificati falsi, confezionando pratiche apparentemente legali: il tutto previo pagamento di somme di denaro” è scritto nella sentenza di primo grado. Un luogo-simbolo dello scandalo-mazzette era stato proprio lo studio dell’architetto Carmelo Lo Re.
Reggio Calabria, 22 mag. – La Sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza d’appello del processo Urbanistica, celebrato a Reggio Calabria. La Suprema Corte ha di fatto rigettato l’impianto accusatorio, accogliendo le tesi difensive degli imputati, arrestati nel maggio 2011 e successivamente condannati con l’accusa di aver creato un sistema di corruzione all’interno degli uffici del settore urbanistica del Comune di Reggio Calabria. Una vittoria per le difese degli imputati, rappresentate dagli avvocati: Francesco Albanese, Massimo Leanza , Carlo Morace, Pasquale Foti, Basilio Pitasi, Aldo Abenavoli, Giuseppe Giangi e Giovanni Aricò. Si ripartirà, quindi, con il processo di secondo grado. Nel processo di primo grado erano stati condannati tutti gli imputati, tranne Marco Condò, difeso dall’avvocato Massimo Leanza. Nel secondo grado, tranne il non doversi procedere dichiarato nei confronti di Pietro Paolo Condò, per tutti gli altri la Corte d’Appello aveva applicato solo lievi sconti di pena. (AGI)
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