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Una delle intercettazioni telefoniche dell'inchiesta

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CATANZARO – Viene contestata anche l’aggravante mafiosa, di cui all’articolo 416 bis del Codice penale, ai fratelli Eugenio e Sebastiano Sgromo, di Curinga, imprenditori del settore delle costruzioni arrestati questa mattina su disposizione della Dda di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri nell’ambito dell’operazione “Brooklyn”. 

Agli indagati, sei in tutto, vengono contestati a vario titolo i reati di trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio, corruzione in atti giudiziari, associazione per delinquere, frode nelle pubbliche forniture, con l’aggravante di aver agevolato associazioni di tipo mafioso, in relazione, fra l’altro, ai lavori di manutenzione straordinaria del ponte “Morandi” di Catanzaro e di un tratto della strada Statale 280 “dei Due Mari”.

A corroborare la tesi della vicinanza dei fratelli Sgromo in particolare ai clan del Lametino, spiegano gli inquirenti, vi sono elementi indiziari emersi in altri procedimenti. A tale scopo vengono richiamate le dichiarazioni rese da Gennaro Pulice, collaboratore intraneo alla consorteria lametina Iannazzo-Cannizzaro-Daponte, il quale spiega come i fratelli Sgromo “siano imprenditori di riferimento della famiglia Iannazzo”, ed abbiamo preso parte a vari cantieri come quelli dei “lavori fatti nell’aeroporto di Lamezia, subappaltati a Pietro Iannazzo o a ditte a lui riconducibili” ma anche ai “lavori alla scuola di Capizzaglie, alla caserma dei carabinieri, alla rotatoria di viale del Progresso, e diversi muri di contenimento effettuati sulla strada che conduce a Platania”.

Pulice precisa inoltre che quello sopra descritto era un modus operandi consolidato, “in quanto loro non avevano problemi sul cantiere per eventuali danneggiamenti e in questo si creava un rapporto di amicizia”. Non solo, Pulice afferma ancora che gli Sgromo erano “persone da noi considerale intranee alla cosca e non persone da sottoporre a danneggiamenti”, e che grazie alla vicinanza con la famiglia Iannazzo “hanno avuto modo di espandersi, diventando una importante realtà imprenditoriale della zona”.

Vengono poi richiamati anche gli esiti di una delle principali inchieste istruite su ‘ndrangheta e imprenditoria nell’area tra Lametino e Vibonese, vale a dire Imponimento, nel cui ambito, tra le altre cose, si contesta una tentata estorsione in danni di imprenditori vibonesi al fine di avvantaggiare alcune ditte di costruzioni vicine alla famiglia Anello, tra le quali proprio la ditta Sgromo Costruzioni.

Sul punto si richiamano le dichiarazioni di Francesco Michienzi, che annota come “Rocco Anello (il boss di Filadelfia, ndr) si faceva promotore di un incontro con Francescantonio Stillitani esigendo l’affidamento dell’appalto per i lavori relativi alla realizzazione del Garden Resort a favore di imprese vicine all’organizzazione criminale. In particolare, il boss Anello pretendeva che dette opere fossero affidate all’impresa di Francesco Pietro Galati (detto “Teng Teng”) per ciò che riguardava i lavori il movimento terra, di Giuseppe Michienzi, padre di Francesco (detto “Il bianco”) per la fornitura di materiale inerte, della ditta Evalto per i lavori di movimento terra ed, infine, dell’impresa Sgromo per la fornitura di calcestruzzo”.

Pur se non consumatasi, in virtù del successivo arresto di Rocco Anello, secondo il gip la vicenda in questione evidenzia senza dubbio “la vicinanza al clan delle aziende riferibili ai fratelli Sgromo”. Nello stesso senso, Francesco Michienzi, riferisce degli Sgromo come di “imprenditori con il ruolo di intermediari tra i piccoli imprenditori e la cosca Anello. In particolare, sia Sebastiano che Eugenio Sgromo, erano i riferimenti sul territorio ai quali dovevano rivolgersi, al fine di ricevere la dovuta approvazione, gli appartenenti alla consorteria prima di effettuare delle richieste estorsive ad imprenditori della zona (‘…se vedi che qualcuno fa dei lavori devi andare prima da Sgromo…’)”.

Si tratta quindi di “imprenditori protetti dai clan (‘il fatto è che siccome questo Sgromo è protetto da tutti diciamo, da persone molto di rilievo…’)”.

Anche un altro collaboratore, Salvatore Danieli, già membro della cosca Bruno di Vallefiorita, ricostruisce le figure dei fratelli Sgromo come imprenditori “amici”, nel senso che “non subiscono in alcun modo atti intimidatori, evidenziando un rapporto di scambio con la cosca di Vallefiorita, attraverso, ad esempio l’affidamento di forniture di cemento, dando poi alla cosca una percentuale sui lavori”.

Per gli inquirenti non vi sono dubbi, pertanto, circa il fatto che “le imprese dei fratelli Sgromo, ed in questo caso la Tank srl di cui essi sono effettivi amministratori, vengano utilizzate anche al fine di agevolare le cosche della zona, provvedendo essi a subappaltare parte dei lavori legittimamente aggiudicati grazie alla fittizia intestazione ad altri soggetti”.

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Stefano Mandarano

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