Imma Tataranni sostituto procuratore
3 minuti per la letturaGli oltre 5 milioni di spettatori della prima puntata la dicono lunga. Il sostituto procuratore Imma Tataranni colpisce anche nella seconda serie della fiction di Raiuno.
Il passo deciso anche se un po’ incerto sui tacchi che percorrono strade e vicoli di Matera e il piglio a volte arrogante e strafottente hanno confermato il successo ispirato ai racconti di Mariolina Venezia.
Se tutta Italia dimostra di divertirsi e lasciarsi coinvolgere da delitti e vita vissuta del magistrato lucano dai capelli rossi, i concittadini e corregionali non la pensano allo stesso modo. Lo confermano molti dei commenti che si sono scatenati sui social a poche ore dalla fine della prima puntata che stasera prosegue su Raiuno e dopo l’intervista del Quotidiano del Sud alla sua insegnante di dialetto, Lia Trivisani.
I primi dubbi vengono sollevati proprio sulle sue origini. “Non lo so chi è ma sarà di Bari perché il dialetto della Tataranni non ha nulla di materano” scrive qualcuno, lanciando il dubbio sul web. Proprio la Trivisani, invece, è celebre tra il pubblico materano per la sua interpretazione in numerose commedie su personaggi tipici della città, recitati in rigoroso e stretto dialetto cittadino.
E come accaduto già con la fiction di Raiuno Lolita Lobosco basata sulle vicende di una poliziotta barese interpretata da Luisa Ranieri e sui romanzi di Gabriella Genisi, appaiono i puristi della lingua popolare. Tra loro qualcuno che nel caso della Tataranni aggiunge: “Bellissima serie! Peccato però che l’accento, il dialetto, le cadenze… siano tipicamente baresi e per niente riconducibili alla città di Matera, la mia città!”. E torna attuale la lunga storia del cinema che ha scelto Matera come location negli ultimi 60 anni.
Qualcuno cita “L’uomo delle stelle” di Giuseppe Tornatore ambientato anche fra i Sassi e teme la confusione geografica: “Sto vivendo la stessa sensazione di rabbia per quando girarono a Matera il film “l’uomo delle stelle” nel 1995 con Sergio Castellitto, e lo spacciarono per paesaggi della Sicilia, con il danno di critiche perché il dialetto non è comprensivo e fuori luogo”.
Dal dialetto che sarebbe poco attendibile è facile lasciarsi andare alla nostalgia, come quella di chi non vive più in città e vede in quelle immagini e nell’inflessione dialettale il legame con la terra d’origine, superando ogni altra polemica anche se in ritardo rispetto alla programmazione della fiction: “Bellissima ho visto la prima figurati se mi perdo la seconda serie, poi girata nella mia Lucania, quando inizia la serie?”.
E se è vero che dietro ogni fiction esiste una ricerca storica nata proprio sulla scorta dei racconti originali, qualcuno richiama elementi diversi dal suono di un termine rispetto a un altro: “Questa serie io la definirei un documento storico! Vengono alla luce usi, consuetudini, il malcostume, di cui nessuno parla apertamente, ma che tutti subiamo quotidianamente. Emerge però anche la volontà di sguazzare bene in questo stato di cose, sviluppando l’arte di arrangiarsi, per ottenere cose a cui ognuno ha diritto, fatte passare per favori, dall’X di turno”. E tra poche ore si torna in onda, sotto le forche caudine della giuria popolare.
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